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“Voleva guarire l’anima ma ha avuto un crollo fatale”: turista si sottopone ad un rito sciamanico e muore dopo aver bevuto l’ayahuasca. E’ allarme per il “turismo psichedelico”

L'uomo, originario dell'Alabama, si trovava in un ostello nella remota regione amazzonica di Loreto. L'assunzione di antibiotici potrebbe aver aggravato gli effetti della potente bevanda allucinogena

di F. Q.
“Voleva guarire l’anima ma ha avuto un crollo fatale”: turista si sottopone ad un rito sciamanico e muore dopo aver bevuto l’ayahuasca. E’ allarme per il “turismo psichedelico”

Era partito con la precisa intenzione di fare esperienze spirituali e “guarire la sua anima”, ma quel rito sciamanico nel quale aveva riporto tutte le sue speranze si è rivelato fatale. Aaron Wayne Castronova, un turista statunitense di 41 anni originario dell’Alabama, è morto nell’Amazzonia peruviana dopo aver ingerito l’ayahuasca, un potente decotto allucinogeno tradizionale, durante un rituale sciamanico. L’episodio, avvenuto in un ostello nella remota comunità indigena di Santa Maria de Ojeda, a cinque ore di barca da Iquitos, capoluogo della regione di Loreto, ha riacceso i riflettori sui pericoli del cosiddetto “turismo psichedelico”.

La procura locale ha aperto un’inchiesta. Il medico legale della procura regionale, Narciso López, ha fornito dettagli precisi sulla causa del decesso: l’uomo “ha subito uno scompenso che lo ha portato alla morte dopo aver ingerito questo prodotto”. Nello specifico, si è trattato di una “disfunzione multiorgano con versamento pleurico e pancreatite acuta”, una condizione infiammatoria che, ha sottolineato l’esperto, può essere innescata dall’ayahuasca. López ha anche rivelato una circostanza che potrebbe essere stata decisiva: Aaron Wayne Castronova stava prendendo degli antibiotici, un fattore che “può aver aggravato gli effetti negativi della sostanza psicotropa”. Il medico ha poi lanciato un monito più generale, ricordando che l’ayahuasca può causare “non solo la morte, ma anche danni permanenti e irreversibili”.

L’ayahuasca, che letteralmente significa “liana degli spiriti“, è un intruglio ancestrale ricavato dall’omonima pianta rampicante combinata con altri arbusti della foresta amazzonica. Da millenni viene utilizzata dalle popolazioni indigene in rituali di guarigione spirituale per indurre uno stato di trance e visioni. Da circa vent’anni, nelle regioni amazzoniche del Perù come Loreto, Ucayali e San Martín, si è sviluppata una vera e propria industria turistica incentrata su queste esperienze psichedeliche. Sebbene il suo consumo in Perù sia legale e riconosciuto come parte del patrimonio culturale nazionale, non è esente da rischi, come dimostra il caso di Castronova. I tour prevedono spesso una dieta preparatoria, poi la cerimonia serale al buio, guidata da uno sciamano che, assumendo anch’egli la bevanda, aiuta i partecipanti ad affrontare la trance con canti e rituali.

Il pericolo maggiore, oggi, è che turisti disinformati possano incappare però in sciamani improvvisati che sfruttano il business ma non conoscono a fondo le proprietà della pianta, i dosaggi corretti e le sue potenziali interazioni farmacologiche. Già a gennaio di quest’anno, l’ambasciata statunitense in Perù aveva emesso un avviso ufficiale, sconsigliando ai propri cittadini di “ingerire o consumare allucinogeni tradizionali, spesso noti come ayahuasca o kambo“.

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