Crime

Pino Rinaldi: “Così siamo arrivati alla svolta nel caso di Manuela Murgia. Garlasco? La sera prima del delitto c’era una luce accesa a casa della nonna di Chiara Poggi”

Non è la prima volta che “Detectives” rileggendo casi che sembravano chiusi ha scritto nuove pagine che hanno aperto nuovi filoni investigativi

di Alessandra De Vita
Pino Rinaldi: “Così siamo arrivati alla svolta nel caso di Manuela Murgia. Garlasco? La sera prima del delitto c’era una luce accesa a casa della nonna di Chiara Poggi”

“Il giorno in cui accettammo di partecipare al programma “Detectives” la Procura di Cagliari aveva appena rigettato la nostra richiesta per la riapertura delle indagini. A distanza di pochi mesi dalla puntata, la Procura ha risposto alla nostra seconda istanza e riaperto le indagini”: lo scrivono Bachisio Mele, Maria F. Marras e Giulia Lai, gli avvocati della famiglia di Manuela Murgia, la 16enne trovata senza vita il 5 febbraio 1995 nel canyon della necropoli di Tuvixeddu, a Cagliari.
Sembrava un caso destinato all’oblio e invece dopo 30 anni esatti i magistrati sardi hanno iscritto nel registro degli indagati l’ex fidanzato di Manuela, all’epoca ventiquattrenne, con una accusa gravissima: omicidio volontario aggravato. La morte di Manuela Murgia, lo ricordiamo, era stata archiviata come caso di suicidio 30 anni fa ma i familiari non avevano mai creduto che la ragazza avesse deciso di togliersi la vita. “Oggi, dopo 30 anni si parla di omicidio e c’è anche un nome, ci spiega Pino Rinaldi, il giornalista che conduce il sopracitato programma in onda su Rai3 e volto che gli appassionati dei cosiddetti delitti a pista fredda conoscono bene per la sua lunga carriera sul campo in questo filone. Non è la prima volta che “Detectives” rileggendo casi che sembravano chiusi ha scritto nuove pagine che hanno aperto nuovi filoni investigativi.

Come si è arrivati a questa riapertura?
“Già nel 1995 la Mobile di Cagliari percorse la strada dell’omicidio. C’erano elementi oggettivi che non potevano essere spiegati da un gesto volontario come il trascinamento del corpo sul luogo del ritrovamento e di oggetti della ragazza (un portamonete e una salvietta) a 150 metri dal corpo. Ma il medico che fece la prima perizia sul corpo nel 1995 stabilì che ragazza si era tolta la vita: da lì vennero interrotte tutte le attività e il caso fu archiviato. Manuela venne descritta come una sorta di Cenerentola infelice di casa per rendere tutto più compatibile con il suicidio. Ma prima che si arrivasse a parlare di suicidio qualcosa era stata fatta dalla Polizia che raccolse testimonianze e ricostruì la sua giornata. Abbiamo lavorato mesi in stretta collaborazione con la Mobile di Cagliari e il pool di avvocati, esperti e consulenti voluti dalla famiglia Murgia e siamo finalmente riusciti a far riaprire il caso. Nel dna del programma Detectives, frutto della collaborazione tra Rai e Polizia di Stato c’è proprio questo: dare giustizia a familiari di vittime senza colpevole, è il nostro intento, la finalità principale”.

C’erano già degli elementi di sospetto sull’attuale indagato, il suo all’epoca ragazzo?
“Fino a poco tempo prima della scomparsa, Manuela aveva frequentato un ragazzo di otto anni più grande. Lui voleva di più dalla ragazza mentre la famiglia di lei non voleva lo frequentasse. Un giorno, ricorda la sorella , scoprirono che in un lampadario di casa vennero trovati dei soldi che solo Manuela aveva potuto nascondere. Come era possibile? Chi glieli aveva dati e perché? Manuela fu vista salire su di un’auto che era riconducibile a quella del cugino del suo ex . Le sorelle e il fratello di Manuela Murgia hanno messo in fila tutta una serie di informazioni e si sono affidati a un pool di alto livello composto da grandi professionisti. Rileggendo le foto dell’autopsia e quelle scattate al corpo appena ritrovato ai piedi del canyon, era impossibile che si fosse lanciata compiendo un volo di oltre 30 metri. I danni sul corpo dicevano qualcosa di totalmente diverso.”

Venne fuori anche altro? Adesso cosa accadrà?
“Manuela fu investita e trascinata in quella gola, nascosta. Le nuove consulenze hanno stabilito che ebbe rapporti sessuali contro la sua volontà, fu violentata. Dal 30 maggio il fidanzato é il nuovo indagato (la macchina blu in cui fu vista potrebbe essere quella del cugino) e nei prossimi giorni avremo l’incidente probatorio con le parti: si confronteranno due team composti da grandi nomi. Sarà una bella sfida, si vedrà”.

Come sono cambiati in questi 30 anni i metodi di indagine?
“Oggi tantissimi casi che anni fa restavano irrisolti possono trovare una svolta grazie alla prova scientifica su tracce biologiche anche avendo a disposizione frammenti millesimali. Ma se il discorso del Dna fallisce o non si arriva a dati certi che si fa? Ho notato negli ultimi anni che spesso si commettono due errori: viene trascurata l’attività investigativa classica con l’accertamento di date e movimenti. Il secondo errore che si commette spesso riguarda soprattutto i delitti che si commettono in provincia che a parere mio sono particolarmente complessi: chi interviene nell’immediatezza dei fatti dovrebbe preservare la scena del crimine per non inquinarla per poi cedere il passo alle unità specializzate. Poi c’è chi tra magistrati e inquirenti si innamora di una pista finendo per cercare e concentrarsi solo su quella. Se cerchi qualcosa poi la trovi sempre ma forse quella pista che si è privilegiata è quella sbagliata. Capita che ci si accorge di questo troppo tardi, quando il danno è fatto”.

Parliamo di Garlasco, il ruolo dei media in questa nuova inchiesta è fondamentale, lei cosa pensa a riguardo?
“L’attenzione mediatica su Garlasco è un unicum perché questa vicenda ha un appeal che accresce la morbosità, ogni giorno viene fuori qualcosa su quello strano contesto. Tutto quello che penso su Garlasco lo riassumo in un dettaglio non morboso ma fondamentale: la sera prima del delitto di Chiara Poggi a casa della nonna viene vista da tre testimoni una luce accesa. Nel cortile c’è una macchina parcheggiata riconducibile a quella della mamma di Chiara. La nonna vive in ospizio e i Poggi sono in vacanza a centinaia di chilometri: chi c’è in quella casa quella sera? Qualcuno che aveva le chiavi sia di casa che dell’auto. Il fratello di Chiara dov’era? Non è stata fatta mai nessuna indagine per verificare dove fosse Marco Poggi quella sera. E tornando ai meccanismi televisivi, sono talmente importanti che possono compromettere la verità se non si lavora seriamente”.

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