Cinema

La solida, solare, invidiabile carriera di Emma Thompson premiata al Locarno Film Festival

Attrice e sceneggiatrice da Oscar, questo “Pardo” sembra particolarmente azzeccato. Suona gentile e sobrio, puntuale e rispettoso, proprio nel momento in cui nella carriera di una artista si rischia spesso di scomparire per inopinata mancanza di parti importanti

di Davide Turrini
La solida, solare, invidiabile carriera di Emma Thompson premiata al Locarno Film Festival

Della solida, solare, invidiabile carriera di Emma Thompson, almeno in Italia non se ne parla mai troppo. A ricucire lo strappo ci pensano i vicini svizzeri del Locarno Film Festival (6-16 agosto 2025). Perché l’8 agosto prossimo alla 66enne attrice britannica verrà consegnato un premio alla carriera sul palco della Piazza Grande. Cuore pulsante serale del festival, ottomila seggioline da record di capienza e un Leopard Club Award che ha visto tra i vincitori nientemeno che Faye Dunaway, Mia Farrow, Stefania Sandrelli, Meg Ryan, Hilary Swank. Certo, oramai ai festival contano più le generiche opportunità del momento che veri e propri dirizzoni di selezionatori e direttori. Eppure questo “Pardo” sembra particolarmente azzeccato. Suona gentile e sobrio, puntuale e rispettoso, proprio nel momento in cui nella carriera di un’attrice si rischia spesso di scomparire per inopinata mancanza di parti importanti.

Si diceva di quella trentenne che, guarda caso, prima ancora di essere candidata e vincere premi su premi in mezzo mondo, veniva definita sul finire degli anni ottanta “la moglie di Kenneth Branagh”. Sarà ma in quel terribile polpettone dell’Enrico V più che l’enfatica performance alla Olivier di Branagh si seguiva la palpitante grazia di una fuggevole Caterina di Valois. Londinese, figlia di attori (la mamma è Phyllida Law, guardatele insieme in L’ospite d’inverno), Thompson era già una brillante attrice di teatro e tv, e il periodo Branagh a guardare col senno di poi è una parentesi, anche un po’ svanita, di un carriera che ha avuto ben altri picchi. Dicevamo, mentre è moglie riservata del divo, agli inizi dei novanta, inanella senza avere meritevole spazio L’altro delitto, Gli amici di Peter (un Grande freddo nient’affatto malvagio) e un frivolo Shakespeare come Molto rumore per nulla.

Ma è nell’incontro con James Ivory, anzi con la produzione in costume Ivory-Merchant che la Thompson trova la sua cifra drammatica ma mai enfatica, romantica ma mai sboccata, intensa ma mai melensa. Non dovremmo essere noi a dirvelo ma nel tandem Casa Howard (1992) e Quel che resta del giorno (1993), Thompson allora poco più che trentenne nei costumi della società edoardiana come in quelli dei tardi anni venti, nei panni di una signora dell’alta società come di una governante, si prende tutta l’attenzione internazionale possibile. Per Casa Howard vince l’Oscar come miglior attrice, viene ricandidata nel ’93 e qui forse in quel sentimento profondo ma mai esplicito per i personaggi interpretati dal collega Anthony Hopkins cesella una figura di donna concreta e solerte, vitale e palpitante, che poche altre colleghe coeve sono riuscite a offrire con tanta tenacia e classe.

L’avvocatessa che Nel nome del padre difende gli innocenti Daniel Day-Lewis e Pete Postlethwaite è figlia o nipote di quei caratteri dei film Ivory/Merchant. Idem per quella simil Hillary Clinton che interpreterà oramai in pianta stabile a Hollywood in I Colori della vittoria di Mike Nichols (1996). Thompson, che nel frattempo, vince un altro Oscar per la sceneggiatura di Ragione e sentimento (1995), dove sotto l’egida di Ang Lee recita con la connazionale Kate Winslet e incontrerà il futuro marito post Branagh, Greg Wise, si mette in scia di Meryl Streep, mostrando una versatilità di toni, registri, di credibilità e leggerezza, che le permetterà di recitare in un dramma politico come Imaging Argentina e in Love actually.

La figura della Thompson nei primi duemila non è più il solito cliché da attrice progressista e impegnata, tutta dedita a quel cinema d’essai para-autoriale che intreccia Europa e Stati Uniti; è infatti anche volto popolare e riconosciuto per il grande pubblico che la adotta sia nella saga di Harry Potter, ma soprattutto per quella Mary Poppins stregonesca e imbruttita che risponde all’icona letteraria di Nanny McPhee, ovvero Tata Matilda, infermiera che gestisce i sette figli di un vedovo impresario delle pompe funebri. Thompson, peraltro, sceneggia sia la matrice omonima del 2005 ma anche il secondo capitolo della Tata con nasone e grossi nei sul mento, mostrandosi artista eclettica e risoluta. I film che si succedono fino ai giorni nostri sono commercialmente differenti, con capatine nei franchise più noti (Bridget Jones, Men in black), anche se a noi piace ricordarla nelle vesti dell’avvocatessa apparentemente integerrima ma con un fondo di impossibile passione in The children act – il Verdetto (2017) tratto da un non altrettanto riuscito romanzo di Ian McEwan. A Locarno presenterà il thriller che la vede protagonista, The dead of winter.

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