Ci sono storie imprenditoriali che sembrano trame di film, fatte di gavetta, intuizioni geniali, cadute e risalite. Quella di Enzo Fusco, fondatore e anima di FGF Industry – il gruppo che possiede marchi come Blauer Usa e Ten C, e che in passato ha rilanciato C.P. Company – è una di queste. E forse non è un caso che il suo percorso ricordi, per certi inizi, quello di un altro gigante della moda italiana, Giorgio Armani. Come “Re Giorgio”, anche Fusco mosse i primi passi nel settore come commesso e vetrinista. Anni dopo, il destino lo portò a disegnare proprio per Armani, oltre che per altri “mostr sacri” come Saint Laurent e Kenzo, prima del grande salto che lo avrebbe trasformato in uno degli imprenditori più solidi e longevi della moda Made in Italy. Oggi, la sua FGF Industry festeggia 25 anni e si appresta a chiudere il 2025 con un fatturato previsto “eccezionale” di 93 milioni di euro – “nonostante le guerre, i dazi di quel pazzo lì [Trump, ndr] e una situazione generale preoccupante”. Lo abbiamo incontrato nel suo quartier generale milanese e, presentandoci la nuova collezione per l’estate 2025, ci ha raccontato la sua filosofia e i segreti di un successo costruito “passo per passo, senza fare voli pindarici”.
“Io sono partito come commesso”, ricorda Fusco, “poi ho fatto il vetrinista, poi ho aperto delle boutique e poi ho incominciato a fare i primi capi per conto mio“. Una gavetta vera, seguita da due decenni a lavorare come stilista per grandi nomi: “Non dico che ho perso tempo, vent’anni, perché avevo un ufficio stile molto importante e ho fatto una grossa esperienza. Però forse bastava anche un po’ meno per dedicarmi prima all’azienda”, ricorda tirando le somme della sua vita. La decisione di mettersi in proprio arrivò per un’esigenza interiore: “Non mi andava più bene lavorare per gli altri, non perché non guadagnassi, anzi, un sacco di soldi. Ma sentivo che era arrivato il momento e quindi mi sono detto ‘se devo continuare, devo fare qualcosa di mio'”. Così nel 1998 nasce FGF Industry, un’avventura imprenditoriale che coinvolge fin da subito tutta la sua famiglia: “Mia figlia, mio nipote, mio genero e mia moglie. Tanto che a volte il consiglio d’amministrazione lo facciamo a tavola, mentre pranziamo insieme (ride, ndr)”. Il primo marchio, Xle, basato sul riciclo di abbigliamento militare, fu “un successo enorme”. Poi nei primi anni ‘2000 vennero Sweet Years con Paolo Maldini e Bobo Vieri, all’epoca i calciatori-star del momento, l’acquisizione e il rilancio di Blauer, la gestione (e successiva vendita) di C.P. Company, fino alla creazione di Ten C, linea di alta gamma oggi presente “nei 200 negozi più belli del mondo”.

La forza di FGF, sottolinea Fusco, risiede nella sua natura di azienda familiare (“non abbiamo fondi dentro, continuo a rifiutare ogni offerta d’acquisto”) e in una filosofia pragmatica: “Sono importanti i fatturati ma sono più importanti i margini. La nostra è un’azienda che grazie a Dio guadagna tutti gli anni e rinveste buona parte dei suoi utili”. Una solidità che permette nuovi investimenti, come la nuova fabbrica da 10-12 milioni di euro che sorgerà accanto a quella esistente, e l’apertura di altri negozi monomarca Blauer “per arrivare davvero alla gente”. Il rapporto con i dipendenti è “quasi familiare”: “Vado in azienda, tutti mi salutano […] se hanno bisogno di qualcosa vengono a chiedermelo. Mettere al centro la persona, più che il fatturato, è questo che conta davvero. E forse è anche la chiave poi per far riavvicinare i giovani a questo mestiere e, mi creda, ci sarà bisogno di un ricambio generazionale. Sono nato a Torino ma mi sono trasferito 35 anni fa nel Veneto perché all’epoca era una potenza nella produzione dell’abbigliamento. Poi sono spariti quasi tutti: è arrivata la concorrenza della Cina e del sud-est asiatico e così molti hanno spostato le fabbriche in Romania e qui il tessuto produttivo si è sfaldato. Io faccio di tutto per creare un ambiente sano e stimolante nella mia azienda, per consentire ai miei dipendenti di trovare un equilibrio tra vita e lavoro”. Una sensibilità, la sua, ereditata da una “famiglia molto modesta, che mi ha educato al rispetto prima di ogni cosa“.
Una delle passioni più grandi di Fusco è il collezionismo di divise e capi militari: un archivio immenso, con oltre 150.000 pezzi che ha raccolto personalmente in 40 anni da tutto il mondo. “Sono prevalentemente pezzi legati al mondo militare e per me sono un punto di riferimento per le nostre collezioni, di Blauer soprattutto. Anche se l’hai già visto dieci volte, un capo militare ha sempre qualche dettaglio che prima di è sfuggito: se lo sai interpretare capisci tante cose ed è sempre più attuale che mai”. Una fonte d’ispirazione inesauribile, che sogna di mettere a disposizione dei giovani designer: “Mi piacerebbe mettere un giorno questo archivio a disposizione dei ragazzi che vogliono fare questo lavoro, gratuitamente. E magari aprirlo anche al pubblico, si potrebbero fare mostre bellissime. È il sogno che tengo nel cassetto per la mia vecchiaia”.
Nonostante le preoccupazioni per il clima politico globale (“c’è davvero da preoccuparsi”), Fusco non perde il suo spirito “incosciente” e la sua voglia di fare: “Chi non risica non rosica, e molte volte è stato positivo aver preso una decisione un po’ in fretta”. E le emozioni? Quelle non mancano, come il ricordo di quando disegnava l’Alta Moda a Roma per Lancetti: “Ho sfilato in Piazza di Spagna, mi sembra di vedere ancora le modelle scendere la scalinata: un’emozione incredibile”. Sì, perché Enso Fusco è uomo che si emoziona ancora, “un incontentabile” che pensa al risultato prima che ai soldi, perché “se una cosa l’hai fatta bene, arrivano di conseguenza”. La sua filosofia? Avere “lungimiranza” e godersi la vita, facendo star bene chi lavora con lui. Perché questo lavoro, conclude, “o lo ami, perché devi amarlo, o non lo fai”.