Scena del delitto inquinata da chiunque, ricerca di un colpevole a tutti i costi, personaggi in cerca di notorietà e una verità che non arriverà mai. Il delitto di Garlasco secondo Donato Carrisi. Intervistato da Repubblica, il re del thrilling italiano ha commentato la riapertura del cold case più seguito d’Italia. “Tutti fanno a gara per apparire in una corsa a chi la spara più grossa. Ma la cosa grave è che nessuno nemmeno per un istante, si rende conto che comunque vada a finire, ci saranno vite rovinate e famiglie annientate dal dolore. Tanto lo show deve continuare”. Carrisi ricorda che le indagini inizialmente sono state fatte in modo oggettivamente superficiale: “Dopo il ritrovamento del corpo in quella villetta è entrato chiunque (…) quella scena è stata inquinata (…) un concentrato di incompetenza davanti al quale al processo bisognava alzare le braccia e dire in queste condizioni non si può condannare nessuno”.
Non vengono comunque risparmiate critiche a tutti i soggetti in campo sia nel settore giudiziario che in quello della comunicazione: “Ci sono magistrati che se ne approfittano per costruirsi carriere, avvocati che cercano visibilità, consulenti assai ben pagati per le loro perizie e il mondo dei media che non vede l’ora di saltare addosso a storie così popolari. E poi c’è il pubblico che non riesco ad assolvere”. L’autore di oltre 3 milioni di copie vendute nel mondo si è poi soffermato sulla ricerca e sul concetto di verità: “Ma quale verità? A meno che qualcuno non venga travolto dal senso di colpa e confessi il delitto, non ci sarà mai una verità su questa e altre storie”.
Carrisi spiega che forse si riaprirà un altro processo “indiziario” come quello a Stasi, che ci si “dividerà di nuovo tra innocentisti e colpevolisti”, ma conclude “mettiamo che Alberto esca dal carcere perché un altro viene condannato che cosa cambierà per lui? (…) nessuno pagherà mai per l’ennesimo errore giudiziario”. “Il mio professore di procedura penale diceva che un’accusa penale equivale a una grave malattia: ti divora la vita, ti prosciuga i soldi e ti impedisce di avere un’esistenza regolare. Non voglio attaccare i magistrati, ma penso che occorra un senso di responsabilità diverso, maggiore”.