Televisione

“Come posso restare distaccato davanti alla demenza senile o all’Alzheimer? Spesso ho paura della disperazione delle persone, ma la tv deve incidere”: Domenico Iannacone si racconta

Con la sua fisicità, i suoi abbracci, i suoi silenzi, il suo desiderio di affrontare il prossimo senza “armi” in pugno, i suoi occhi fissi sull’interlocutore, il giornalista torna questa sera, e per altri due martedì, su Rai 3 alle 21.20 con “Che ci faccio qui”

di Alessandro Ferrucci
“Come posso restare distaccato davanti alla demenza senile o all’Alzheimer? Spesso ho paura della disperazione delle persone, ma la tv deve incidere”: Domenico Iannacone si racconta

Sei un anomalo.
Qualcuno mi ha definito “un marziano”.
Un po’ è così.
Ho impostato la mia narrazione con canoni antichi…
Cioè?
Penso ai canoni dei documentari del passato, quando c’erano delle pause, il racconto era dilatato, nessun assillo.
Altro che nevrosi da social.
È un racconto coscientemente antitetico: ho deciso di dare alla narrazione i tempi della vita, con i momenti di attenzione, altri di ascolto, altri di espressione.
(Domenico Iannacone è un reale anomalo-marziano della tv. Lui affronta vicende non marginali, ma costrette ai margini della società. Malattia mentale, povertà, solitudine, abbandono. Lui c’è, sempre. E con la sua fisicità, i suoi abbracci, i suoi silenzi, il suo desiderio di affrontare il prossimo senza “armi” in pugno, i suoi occhi fissi sull’interlocutore. Questa sera, e per altri due martedì, è su Rai 3 alle 21.20 con “Che ci faccio qui”, e “in questa puntata racconto anche la vita di un ragazzo autistico straordinario…”).

Toni Servillo rivendica la dignità della noia.
La noia è necessaria, serve a prendere il possesso della propria identità.
Guardarsi dentro.
Al contrario siamo anestetizzati da questa vita, dove non si pensa.
Non pensare aiuta a fuggire dalle paure. Tu le paure le affronti con i tuoi lavori.
Per me è fondamentale immergermi dentro le storie, non posso mantenere le distanze.
Sei empatico, fisico.
Utilizzo un metodo sociologico: quello della realtà partecipante. Devo diventare parte attiva della comunità.
Difficile schermarsi dal dolore.
Alcune sono storie molto dure…
Togli “a volte”.
Quello che mi arriva è impattante e all’inizio ero in difficoltà, sentivo un malessere fisico…
Mentre oggi?
Utilizzo una chiave: quando affronto una storia, per almeno una della persone che incontro, ci deve essere una possibilità di intervenire, di aiutarla praticamente; (pausa) la televisione non può essere narrazione e basta, deve incidere.
Hai un record: anche Aldo Grasso ti ha lodato sul “Corriere”.
Mi aspetta sempre al varco, ma ogni volta coglie qualcosa che va oltre.
Nell’ultima?
Che per raccontare delle storie, a volte, è necessario perdere anche la connotazione del giornalista: quello della freddezza.
Impossibile con quello che affronti.
Come posso restare distaccato davanti alla demenza senile o all’Alzheimer? In quelle situazioni sei obbligato a far parlare il tuo corpo.
Di cosa hai paura?
(Ci pensa) Spesso della disperazione delle persone.
Personali?
Non ne ho.
In carriera sei stato in zone calde della criminalità organizzata.
Pure in mezzo alla guerra di camorra, ma niente mi turba quanto la disperazione degli altri.
Soluzione?
L’unica è l’impegno civico, attivo.
La tua fisicità da dove arriva?
Credo da mia madre: era molto empatica.
Come ti trovi in Rai?
Alti e bassi, ma non ho mai pensato di andare via.
Proprio mai?
Neanche davanti a offerte: credo nel servizio pubblico. Per questo non ho tradito.
I bassi.
Sono stato messo da parte, però oggi la questione è stata sanata.
E… ?
Nel periodo di bassa ho iniziato con il teatro, a portare le storie su un palco, e così sono riuscito a rafforzare il progetto televisivo, a costruire una comunità reale e non virtuale.
Tu prima del sipario.
Con un po’ di ansia, non di paura, come per la messa in onda; (ci pensa) il teatro è meraviglioso perché vivi in maniera diversa degli elementi sensoriali, che si concludono con gli abbracci alla fine dello spettacolo.
Altro che la freddezza dell’Auditel.
Mi sto distaccando dalla preoccupazione dei numeri; (pausa) in alcune situazioni la televisione sta fornendo alle persone del pane avvelenato. Sta tradendo il pubblico.
Parteciperesti mai a un reality?
(Stupito, molto stupito) No, per carità.
Un balletto davanti ai riflettori…
(Ride) No, no. Quella roba non mi appartiene.
Una casa con piscina…
Assolutamente. E poi in tv parlo pochissimo, non sopporto la ridondanza di chi descrive ogni attimo, ogni evidenza.
Vai mai allo stadio?
Prima, oggi meno. Il calcio mi sta annoiando come la televisione: mi addormento sul divano. Meglio il tennis.
Auto sportive?
Giro in motorino.
Chi sei?
Un rabdomante di storie.

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