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Calenda la trottola: a Milano ora vuole andare con la destra. Forza Italia gli porge una poltrona e lui s’offre

Il leader di Azione fa le ordinazioni in vista delle Comunali del 2027: "O Cottarelli candidato oppure andiamo nell'altro schieramento". E nelle Marche si scaglia contro Ricci perché "si è astenuto sul piano di riarmo Ue"
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Carlo Calenda non si stanca di dirlo: “Azione rimane dove è sempre stata, cioè al centro”. Così al centro che alle elezioni locali ogni tanto va a destra e – meno spesso – ogni tanto va a sinistra. Una politica à la carte la cui strategia appare chiara: tentare di contare qualcosa più del 3 per cento di media di cui il partito mignon è accreditato. Meno comprensibile è l’appeal per le coalizioni che di volta in volta accolgono i calendiani nella maggioranza di turno. Succede ora per le elezioni comunali di Milano che sono di là da venire (2027). Calenda fa le ordinazioni attraverso il Corriere della Sera: a Milano, dice, “serve un profilo manageriale e civico, per continuare nel solco di Beppe Sala, come Carlo Cottarelli per esempio”. Se così non è, spiega l’ex ministro, “e dall’altra parte, spuntasse un profilo come quello dell’ex rettore del Politecnico Ferruccio Resta allora il nostro elettorato avrebbe un grande problema a seguire il centrosinistra”.

Ma bando ai sofismi: Alessandro Sorte, segretario lombardo di Forza Italia, nei giorni scorsi ha lanciato un amo verso Azione, a cui è stata offerta la poltrona di vicesindaco. “Sorte ha detto una cosa interessante – non si schermisce Calenda -. Prima bisogna capire chi metterà in campo il centrosinistra perché se davvero fosse il dem Pierfrancesco Majorino per noi sarebbe difficile. A Milano il tema sicurezza è gigantesco, non c’è spazio per tentennamenti e ideologie: la gente ha paura. E poi questa sinistra ha esultato quando la magistratura ha bloccato lo sviluppo di una città così centrale”. Questo riferimento non è esplicito ma rimanda la mente alle numerose inchieste sull’urbanistica avallate durante il governo della giunta Sala che hanno bloccato quasi una ventina di cantieri che i giudici del Riesame (non gli inquirenti) hanno definito “espressione di un vero e proprio sistema di malgoverno“.

Poi c’è la questione Marche, con le Regionali che arrivano a fine settembre. Anche lì il centrodestra ha tentato un abboccamento. Calenda se la sbriga dicendo che non c’è un accordo con Fratelli d’Italia (che esprime il governatore Francesco Acquaroli) né con la coalizione. E dall’altra parte il candidato del centrosinistra Matteo Ricci si è astenuto sul ReArm Europe, per i nostri valori è una posizione inaccettabile. E poi è andato dai Verdi a dire che non farà il termovalorizzatore, di cui c’è invece una vitale necessità».Addirittura Azione non presenterà una lista nelle Marche poi “decideranno i territori se presentare candidati nella lista del presidente”, un grande classico dei mini-partiti terrorizzati delle performance elettorali nelle periferie. Anzi, di più, Calenda disdegna proprio l’essenza delle Regioni: “Sono un centro per l’inutile proliferazione di partecipate e di consenso, talvolta clientelare. In un contesto del genere il voto d’opinione è scomparso e si rischia un’affluenza del 35-40 per cento“. E insomma lì bisogna decidere se essere inesistenti in natura per scelta autonoma o per decisione degli elettori.

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