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Il padre di Anna Chiti, morta a Venezia il primo giorno di lavoro: “Era lì perché parlava inglese, non doveva fare manovre”

Il papà della 17enne alla Nuova Venezia: "Per una barca di quelle dimensioni, che porta in giro i turisti, ci voleva più personale. Non era ancora pronta per tenere una barca o fare altro". All’esame degli investigatori il contratto di lavoro e la mansione della ragazza
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Voglio la verità, mia figlia non doveva fare nessuna manovra”. Sono parole di rabbia e di dolore quelle di Umberto Chiti, papà di Anna, la diciassettenne morta sabato 17 maggio a Venezia dopo essere caduta da un catamarano, rimanendo agganciata a una cima incastrata nell’elica. La ragazza era al suo primo giorno di lavoro e “da quanto sapevo – ha dichiarato alla Nuova Venezia – era stata presa perché parlava molto bene l’inglese ma non era ancora pronta per tenere una barca o fare altro”. E aggiunge: “Per una barca di quelle dimensioni, che porta in giro i turisti, ci voleva più personale. Invece lei era da sola, col marinaio”.

La ricostruzione della dinamica, affidata al pm Stefano Buccini e alla Capitaneria di Porto, è ancora in corso di chiarimento. Sono al vaglio le telecamere di sorveglianza, mentre dovranno essere sentite le persone presenti a bordo della barca, l’equipaggio ed i turisti di origine straniera che aveva noleggiato il catamarano per la festa, a cui è stato chiesto di ritardare la propria partenza da Venezia. All’esame degli investigatori anche il contratto di lavoro e la mansione della ragazza.

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