Dopo 23 anni di onorata attività, la chiusura dello storico ristorante londinese “La Locanda” per chef Giorgio Locatelli non è stato affatto un trauma: “È come se mi avessero tolto un peso dalla schiena. A 62 anni iniziavo ad essere stanco. Eravamo aperti tutti i giorni con uno staff di 76-84 persone da gestire: troppa pressione. Il sabato dopo l’addio io e mia moglie Plaxy ci siamo resi conto che quello era il nostro primo weekend libero dal 2002″.
A Il Corriere della Sera chef Locatelli ha ammesso che non ha alcun rimpianto in generale nella vita: “Rifarei il cuoco, l’unico mestiere che conosco. Ma mi eviterei un po’ di abusi: a Londra e Parigi sono stato umiliato in tutti i modi. Invece di resistere per dimostrare qualcosa, me ne andrei. Oggi quel tipo di educazione in cucina è ridicola. A volte succede ancora che i ragazzi in brigata, under 25 e col testosterone a duecentomila, si bullizzino tra di loro e tu non te ne accorga. Ma non è una scusa, bisogna intervenire e governare dando l’esempio: no umiliazioni”.
E ancora: “Oggi mi fanno paura i social: non si capisce da dove arrivano le notizie, le persone possono essere manipolate. Mia figlia ha 27 anni, l’altro giorno mi ha chiesto se mi piacerebbe diventare nonno: le ho detto di sì. Ma in realtà mi chiedo se abbia senso avere bambini: che mondo lasciamo loro”.
Poi un aneddoto famigliare privato sulla figlia Margherita che ha 600 allergie: “A tre anni stava per morire di choc anafilattico. Abbiamo scoperto che era allergica anche al sugo al pomodoro Pachino, la mia specialità: pensavo di nutrirla, la stavo avvelenando. Mi sono messo al ristorante a testare vari piatti, abbiamo creato una linea anallergica che porteremo anche alla National Gallery”.
L’ottava stagione di “MasterChef Italia” per Locatelli è già in fase di realizzazione: “Continuo finché mi diverto. Antonino Cannavacciuolo è così come lo vedete, io e Bruno Barbieri, no. Io nella vita non sono severo”.