Il mondo FQ

Dall'”erba dell’immortalità” all’hericium, è boom di integratori a base di superfood: ecco quali sono e che benefici hanno davvero. La parola all’esperto

"Le premesse per studi clinici numericamente consistenti e metodologicamente adeguati ci sarebbero tutte, ma non regalano l'immortalità a nessuno ": spiega al FattoQuotidiano.it il dottor Fabio Firenzuoli
Commenti

Spuntano nuovi integratori che fanno parlare di sé. A base di erbe o estratti naturali e dalle proprietà (ovviamente) mirabolanti. Sono la Gynostemma pentaphyllum, o Erba dell’immortalità come l’ha anche rilanciata recentemente il New York Post, e l’Hericium erinaceus, un fungo diffuso nelle foreste di Europa, Asia e Nord America, chiamato anche “Criniera di leone”: la sua diffusione come integratore alimentare è aumentata negli ultimi anni grazie alle presunte proprietà benefiche per il sistema nervoso e per migliorare la digestione.

Il “ginseng del sud”- La Gynostemma pentaphyllum si sta diffondendo per la sua possibilità di accelerare il metabolismo, abbassare il colesterolo e ridurre l’infiammazione, promuovendo nello stesso tempo la longevità. È conosciuta anche come “ginseng del sud” e cresce nelle zone montuose e boschive dell’Asia. Sebbene venga utilizzata nella medicina popolare da secoli, l’erba dell’immortalità ha registrato un vero e proprio boom di popolarità negli ultimi 10 anni. La si consuma principalmente sotto forma di tisane e negli integratori alimentari.

Il dottor Michael Aziz, medico internista e specialista in medicina rigenerativa di New York e autore del libro The Ageless Revolution, afferma, come riporta sempre il New York Post, di assumerne quasi un grammo al giorno. In particolare, se si vuole sorseggiare una tisana di questa pianta, Aziz suggerisce di metterne in infusione da uno a due cucchiaini di foglie di tè essiccate in 250 millilitri di acqua, dopo pochi minuti si filtra ed è pronta da bere: il sapore è inizialmente un po’ dolce con un retrogusto amarognolo.

Il parere dell’esperto – “Quando si parla di integratori non possiamo lasciarci illudere dai nomi di fantasia – spiega al FattoQuotidiano.it il dottor Fabio Firenzuoli, fitoterapeuta del Cerfit – Centro di Ricerca e di Eccellenza in Fitoterapia, Istituto Fanfani, Firenze -. Nel nostro caso, ‘ginseng del sud’ suonerebbe come ‘stimolante del sud’. In realtà si tratta del Gynostemma pentaphyllum (Thunb.), una liana perenne, tipica della medicina tradizionale cinese, distribuita anche in Giappone e Corea”. Ma merita il clamore che sta suscitando? “Presenta di sicuro alcune interessanti attività biologiche, molte delle quali tuttavia ancora carenti di studi clinici adeguati, e tra queste l’attività antitumorale – continua Firenzuoli -. Certamente non regala l’immortalità a nessuno!”. Di questa pianta possiamo dire che è “potenzialmente utile come adattogeno, ansiolitico, ma è indicata, in particolare, nel miglioramento della sindrome metabolica, senza la pretesa di sostituirsi al miglioramento dello stile di vita e alla riduzione dei fattori di rischio”. Come sempre, per farsi un’idea più chiara, è bene affidarsi alle eventuali ricerche effettuate sulla sostanza. Nel nostro caso, si parla di “interessanti risultati scaturiti da una revisione sistematica di studi randomizzati e controllati” – sottolinea il nostro esperto – che hanno valutato l’uso della Gynostemma pentaphyllum per la dislipidemia”. Che cosa è emerso? “L’integrazione con questa pianta migliora i livelli dei grassi contenuti nel sangue, con effetti tuttavia modesti”. Inoltre, cosa da assolutamente non trascurare, Firenzuoli segnala di utilizzare con cautela gli integratori a base di questa pianta nei casi di persone che seguono una terapia con antiaggreganti piastrinici o anticoagulanti e nel periodo antecedente o successivo a un’operazione.

Cosa sapere sulla “Criniera del leone” – Altro integratore che sta vivendo un periodo di notorietà è quello a base di Hericium erinaceus, un fungo diffuso nelle foreste di Europa, Asia e Nord America, chiamato anche “Criniera di leone”. “È particolarmente studiato per le sue proprietà neuroprotettive – ci indica Firenzuoli. – Contiene infatti composti che stimolano la produzione del fattore di crescita nervoso (NGF), quindi sembra utile nella rigenerazione e protezione delle cellule del sistema nervoso”. La ricerca scientifica sta confermando i potenziali benefici nel miglioramento delle funzioni cognitive ma, sottolinea ancora il medico, “siamo ancora alle fasi preliminari della ricerca”. Quindi ancora nessuna illusione, come può capitare di leggere nel web, di poter “curare” l’Alzheimer con questo fungo: “Ma le premesse per studi clinici numericamente consistenti e metodologicamente adeguati ci sarebbero tutte. In attesa di dati affidabili – conclude Firenzuoli – vale sempre il principio di cautela qualora si sia intolleranti a funghi o già in terapia con altri farmaci”.

I commenti a questo articolo sono attualmente chiusi.