Non serve la guerra ai dazi: l’Ue limiti ai gatekeeper le pubblicità a pagamento

di Dante Nicola Faraoni
Le guerre commerciali iniziate da Trump fanno trapelare tra le istituzioni europee la rivalsa attraverso un inasprimento delle sanzioni per le big tech Usa che non rispettano le direttive imposte con il Dma – Digital Markets Act.
Le direttive Antitrust e sulla privacy oggi vigenti non sono sufficienti per salvaguardare l’identità della persona e della propria appartenenza culturale. Va inoltre ammesso che le regole del cosiddetto libero mercato, nel momento in cui si creano monopoli, vengono negate con gravi conseguenze sociali ed economiche. E ciò che sta succedendo in Europa nel settore delle comunicazioni. Se la Ue vuole garantire a tutti i suoi cittadini i diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali, deve applicare il principio dell’equità sociale. Va quindi limitato l’uso di AI (Intelligenza Artificiale) in funzione dello sfruttamento di informazioni personali finalizzato al raggiungimento di obiettivi commerciali. Questa pratica andrebbe bollata come sfruttamento psico-economico. L’utilizzo e la diffusione di sistemi di AI devono camminare di pari passo con la libertà di opinione e di libero commercio.
La dittatura digitale non può essere considerata innovazione perché, come oggi vediamo tutti, quelle poche società che controllano il mercato hanno acquisito il monopolio della proposta commerciale, informativa e culturale. Le conseguenze del monopolio sono vecchi vizi dei sistemi sociali che favoriscono la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi magnati, ragion per cui è obbligo delle istituzioni europee mettersi in prima fila nel progettare modalità e sistemi per contrastare i monopoli e la pseudocultura a difesa del pluralismo e della libera informazione.
E’ molto grave che la Commissione Europea, nella elaborazione del Dma, abbia dato il ruolo di gatekeeper a 6 big tech tutte extracomunitarie: Alphabet, Amazon, Apple, ByteDance, Meta e Microsoft, investendole di fatto con poteri illimitati in questo settore. Considerare le sanzioni, seppur milionarie, un deterrente per regolamentare questo settore è, come ci indica la situazione attuale, fare il solletico ad un elefante! I loro bilanci miliardari e i tempi lunghissimi di giudizio delle cause rendono inefficaci queste misure. E’ invece necessario, come già avviene nel settore radio televisivo, inserire nel Dma la limitazione della pubblicità a pagamento come misura di contrasto al monopolio. Non c’è bisogno di guerra dei dazi: questa nuova regolamentazione porrà fine allo strapotere di questi monopoli e darà spazio alla nascita di nuove piattaforme rinforzando la concorrenza, tutelando maggiormente utenti e piccole aziende dai monopoli.
Questa nuova direttiva dovrà funzionare come regolatore di un’equa concorrenza; solo così potremo avere un vero libero mercato in cui gli utenti potranno scegliere e le piccole realtà aziendali potranno competere. Va specificato che per limite pubblicitario non si intende ricalcare le norme sull’affollamento pubblicitario vigenti oggi in Europa nel comparto televisivo. È necessaria la creazione di regole che possano permettere ad altre società di competere nel mercato attraverso la raccolta pubblicitaria.
E’ scontato che questo nuovo mercato dell’informazione debba imporre che i proventi delle aziende operanti in Europa debbano essere fatturati, con una tassazione non variabile, uguale per tutti, esclusivamente nei Paesi Ue. La risposta alle pressioni dei blocchi commerciali Usa, Cina, Russia o altri dev’essere creare un mercato multipolare che permetta alla zona Ue di mantenere in casa ingenti capitali da reinvestire nel settore specifico, ma anche nell’innovazione. Basta mettere contemporaneamente di fronte a delle scelte Donald Trump e Ursula von der Leyen: dittatura digitale o democrazia digitale?