L’introduzione della figura dell’assistente infermiere, istituita lo scorso ottobre dalla Conferenza Stato-Regioni, sta continuando a suscitare accesi dibattiti tra sindacati e professionisti del settore sanitario. Soprattutto nelle ultime settimane, dopo che Lombardia e Valle d’Aosta, ignorando le critiche delle sigle, si sono attivate per anticipare l’iter nazionale e inserire il prima possibile questo nuovo operatore sul territorio. L’obiettivo è rafforzare l’organico delle strutture, che soffrono di una drammatica carenza di personale, e far fronte alla crescente domanda di assistenza, provocata dall’invecchiamento della popolazione e dall’aumento delle malattie croniche. Ma per i sindacati l’assistente infermiere è una figura ibrida, a metà tra l’Oss e l’infermiere, poco formata e non tutelata da un punto di vista giuridico. Come spiega a ilfattoquotidiano.it Angelo Minghetti, segretario di Human Caring e coordinatore nazionale Migep, la federazione nazionale delle professioni sanitarie e sociosanitarie: “Questa mossa serve solo a tamponare la crisi di personale con soluzioni al ribasso, riducendo gli standard qualitativi dell’assistenza e creando una categoria di lavoratori sottopagati e senza garanzie. E la politica ne è consapevole”.

L’assistente infermiere di fatto va a sostituire l’Osss – o super Oss -, l’operatore socio sanitario specializzato o complementare (figura istituita nel 2003 da un accordo Stato/Regioni che in questi anni non ha avuto molta fortuna). Oltre a svolgere le attività proprie dell’operatore socio sanitario, l’assistente si occuperà anche di mansioni finora ricoperte dall’infermiere, ma senza essere riconosciuto come professionista sanitario. Non beneficerà quindi delle coperture assicurative previste dalla legge Gelli, elemento che suscita forti critiche sindacali. “Poiché inquadrato come operatore tecnico, non avrà alcuna tutela – prosegue Minghetti -. Oltre a mettere a rischio l’utenza, si mette a repentaglio anche il sistema assistenziale e il lavoratore stesso”. Per diventare assistente infermiere, l’operatore dovrà possedere un diploma superiore, essere già qualificato come Oss da almeno 24 mesi e frequentare corsi regionali di 500 ore (200 di teoria, 280 di tirocinio e 20 di esercitazioni). Gli aspetti normativi ed economici saranno definiti nel prossimo Ccnl del comparto Sanità, la cui firma è saltata lo scorso gennaio anche per via del nodo irrisolto dell’assistente infermiere.

Dopo l’annuncio dell’assessore lombardo al Welfare, Guido Bertolaso, che ha dichiarato di voler rafforzare il sistema sanitario regionale puntando sulla formazione e l’impiego degli assistenti infermieri, anche Carlo Marzi, assessore alla sanità della Valle d’Aosta, ha abbracciato l’ipotesi di fare da apripista. Questo nonostante non si abbia ancora notizia del Dpcm necessario per recepire e rendere esecutivo l’accordo Stato/Regioni dello scorso ottobre. “La scelta di attivare questa figura non valorizza il lavoro degli Oss con percorsi di crescita professionale – prosegue Minghetti -. Le Rsa e le strutture ospedaliere non avranno più la necessità di assumere Oss e infermieri, prenderanno solo l’assistente tuttofare che coprirà le mansioni di entrambi, e che scoppierà sotto un carico di lavoro insostenibile. L’azienda risparmia, mentre l’operatore va al macello”.

Molto critico anche Antonio De Palma, presidente del sindacato Nursing Up, secondo cui risolvere il problema della carenza di personale con l’introduzione dell’assistente infermiere è un’illusione: “Chi dovrebbe assistere questa nuova figura, visto che di infermieri non ce ne sono? In Italia mancano 175mila professionisti, continuano a calare le iscrizioni ai corsi di laurea e i pochi che completano il percorso universitario se ne vanno all’estero, perché in Europa gli offrono in media 700 euro al mese in più”, commenta a ilfattoquotidiano.it. Anche secondo lui il provvedimento rischia di abbassare gli standard delle cure. “Invece di investire sugli infermieri qualificati, mettiamo in mano la salute dei cittadini a figure dalle competenze approssimative che, con poche ore di formazione, si troveranno a svolgere delle attività sanitarie che prima erano in mano a un professionista laureato”, dichiara.

Anche la questione retributiva è al centro delle critiche: “Nel contratto del comparto Sanità, che a gennaio ci siamo rifiutati di firmare, era previsto un aumento di stipendio base praticamente uguale tra infermiere e assistente. Chi si iscriverà all’università e studierà per anni, per avere di fatto la stessa paga di chi ha frequentato un corso da 500 ore? Che considerazione hanno le regioni e il governo degli infermieri?”, si domanda, precisando che quella di Nursing Up non è un’opposizione di principio. “Prima di inserire una nuova figura, rivediamo le attività che svolgono i professionisti sanitari, così che possano essere ottimizzate rispetto alle esigenze del Ssn. In questo modo sfrutteremmo l’alto potenziale e la formazione universitaria di questi professionisti”, conclude.

Diversa la posizione della Fnopi, la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, che vede invece nell’assistente infermiere una risorsa utile per migliorare l’efficienza del sistema e affrontare la carenza di personale. Nonché una risposta concreta messa in campo dalle istituzioni per affrontare l’invecchiamento della popolazione e i bisogni crescenti di assistenza, senza compromettere la qualità dei servizi. “È una figura presente da anni in molti stati anglosassoni”, spiega il vicepresidente nazionale Maurizio Zega a ilfattoquotidiano.it. “Non nasce per sostituire gli infermieri, ma per supportarli nelle attività di base – prosegue -. La formazione avrà dei requisiti specifici, di natura sanitaria, diversa da quella degli Oss. Questo permetterà agli infermieri di concentrarsi su compiti più complessi e di ridurre il rischio di demansionamento”.

Zega sottolinea che si tratta anche di una questione di efficienza economica: “Non ha senso assegnare compiti di base a un infermiere laureato che costa di più. Sarebbe come chiedere a un primario di consegnare la posta prima di andare a operare in ospedale”. In ogni caso, la professionalità dell’infermiere dovrà essere rispettata e riconosciuta, sia differenziando chiaramente i percorsi formativi, sia attraverso un adeguato riconoscimento economico. Per Zega è importante scongiurare il rischio che, in assenza di risorse adeguate, le attività vengano svolte da personale non adeguatamente formato. In tal senso, conclude, la figura dell’assistente, correlata alla dimensione specialistica degli infermieri, può aiutare le strutture socio sanitarie a garantire un servizio adeguato, anche a fronte di una carenza drammatica di personale.

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