“Caro Stato… Stivalone da moschettiere che parte dal tacco e arriva al sedere. Terra dei fichi, dei cachi e dei fuochi, terra del sole e delle sòle, Italia amore mio. E per copia conoscenza al Ministero della Salute un tempo fu pubblica…ora meglio se hai l’assicurazione. E per altra copia conoscenza al ministro Schillaci che ci piacerebbe che ogni tanto si facesse vivo, dicesse qualcosa, anche solo una frase scontata da medico, tipo: dica 33. Caro Stato. Ti parlo a nome di tutti quelli che in questo momento sono ammalati come me. In pausa non voluta, senza preavvisi, che inizia un martedì qualunque e finisce quando vuole il tuo corpo, non tu”. Così Luciana Littizzetto durante la puntata di Che tempo che fa del 23 febbraio nella sua consueta letterina, dedicata in questa occasione alla sanità pubblica.
“Quando sei malato impari tante cose eh – continua -. Per esempio a tenerti un ago piantato nell’unica vena trovata e a far finta di niente. Impari quanto casino può fare una risonanza magnetica e impari che il liquido di contrasto della tac quando entra in circolo ti fa l’effetto fiammata e ti brasa la jolanda. Ma soprattutto, impari che purtroppo ammalarsi succede a tutti. E quando sei malato d’improvviso non hai più niente. Il tuo corpo non è più tuo, lo gestiscono i medici che ti dicono cosa devi o non devi fare come quando eri piccolo. Fa in modo che non ci sia un’attesa di un lustro per fare una tac non a pagamento… che chiedi una tac e te la facciano subito, taaaaaaaaac… E sostieni i medici di base, che quelli che abbiamo sono sopraffatti dalle incombenze burocratiche, hanno migliaia di pazienti a testa e sono quasi tutti vicino alla pensione”.
E chiude così: “Per carità, è bello avere 60 siti Unesco, il wifi sul Frecciarossa, i musei gratis la prima domenica del mese, non pagare IMU sulla prima casa… bonus, superbonus, e poi un condono ogni tanto che, proprio come i Condorelli, “è sempre un piacere”… ma un letto d’ospedale gratis non lo batte nessuno. È una fortuna di cui forse non ci rendiamo conto, la diamo per scontata. Tu prova ad ammalarti nella terra dei Trump ed essere senza soldi. Addio. Quindi dico: viva la sanità pubblica. E se ce l’abbiamo è grazie a chi paga le tasse. Dal primo dei gradini del Pronto soccorso, all’ultima delle supposte, tutto è stato comperato coi soldi “nostri”, anzi, di quelli che pagano le tasse, e che non sono tutti…”.