“Non si sa cosa farà”. Roberto Benigni a Sanremo 2025 e sai già che tra Dante e la Costituzione avremo la strizzatina alle parti basse di Carlo Conti. Triste e solitario il finale di carriera dell’irresistibile showman anni settanta, geniale comico cinematografico tra gli ottanta e novanta, dimenticabile autore/regista del proprio riflesso narcisistico (Pinocchio, La tigre e la neve) nei primi duemila, infine devastante e chilometrico imbonitore di testi sacri della cultura italiana. “Robbberto” (feat.Sofia Loren) ha una lunga storia d’amore sul palco dell’Ariston. Nel 1980 esplode, scandalizza, dissacra chiamando il papa “woitilaccio” e dando un bacio interminabile alla Carlisi per 30 secondi.
Nel 2002 ritrova Pippo Baudo, “il suo pisello e i suoi capelli” per un tocco memorabile brevi manu (“i capelli sono veri, ma il pisello è finto”) e un monologo su Sgarbi, Ferrara, Fassino e Berlusconi che finisce dopo 25 minuti con il live di Quanto t’ho amato. Nel 2009 da Bonolis ripete Berlusconi quelle 340 volte in mezz’ora di monologo tanto da mandare k.o. anche Nicoletta Braschi. Nel 2011 da Morandi arriva a cavallo con il tricolore in mano, poi si butta nell’esegesi dell’Inno di Mameli (pensate cosa direbbe oggi al verso “Fratelli d’Italia…”) e sfodera quello che diventerà il famigerato leggio (quanti fogli mancano? Ha finito?). Nel 2020 ecco la pietra al collo: 40 minuti di Cantico dei Cantici con annesso spiegone “alto” per il popolino masticato in fiorentino. Nel 2023 con Amadeus strafugnato sempre là sotto, è il turno della lettura della Costituzione davanti al marmoreo Mattarella.
