“A Gaza vivranno persone da tutto il mondo, tra cui anche palestinesi. Sarà la rivière del Medio Oriente, potrebbe diventare magnifica”. In conferenza stampa dopo l’incontro con il premier israeliano Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca, Donald Trump dà un titolo al suo piano per il futuro della Striscia, l’enclave in territorio israeliano in cui vivono 1,7 milioni di palestinesi. Quando il conflitto tra Hamas e Israele sarà cessato definitivamente, annuncia il presidente, “gli Stati Uniti prenderanno il controllo di Gaza e si occuperanno della bonifica degli ordigni e della ricostruzione”: un controllo, quello di Washington, che sarà “a lungo termine” e per Trump “porterà stabilità al Medio Oriente”. Non è chiaro se il progetto prevede il dispiegamento di truppe militari: “Faremo ciò che è necessario”, si è limitato a dire il tycoon. Né ha spiegato quale sarà il destino degli abitanti della Striscia: nonostante l’esplicito veto di Egitto e Giordania ad accogliere palestinesi nei loro territori, il presidente Usa si è detto convinto che alla fine accetteranno. “Mi aspetto che questi due Paesi li accolgano a braccia aperte. E credo che lo faranno anche altri Paesi”.

Tacciate come “ridicole e assurde” da Hamas, le dichiarazioni di Trump hanno sollevato un coro di no anche dal mondo arabo e dalla comunità internazionale. Se l’ultradestra di Tel Aviv esulta (“È la vera risposta al 7 ottobre”, ha commentato il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich), in realtà anche in Israele in tanti frenano. In un’editoriale il fondatore di The Times of Israel, David Horovitz, ha puntato il dito contro i “molti difetti” del piano di Trump: “Uno dei peggiori è la sua assenza di moralità“, si legge nel titolo. Non solo. Anche l’ambasciatore israeliano all’Onu, Danny Danon, sembra titubante. Dice di sostenere il progetto del presidente Usa per Gaza ma ritiene che i palestinesi non dovrebbero essere costretti ad andarsene senza il loro “consenso“: “Penso che siamo tutti d’accordo che dovrebbe essere richiesto il consenso delle persone a lasciare il luogo in cui vivono e il consenso degli altri paesi a riceverle”, ha detto alla Cnn. Nonostante questo, però, Trump tira dritto: “Il mio piano piace a tutti“, ha detto ai giornalisti nello Studio Ovale. E mentre il segretario delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, attraverso il suo portavoce, avverte che “è vitale restare fedeli ai principi del diritto internazionale” ed “è essenziale evitare ogni forma di pulizia etnica” a Gaza, il ministro degli esteri israeliano Gideon Sa’ar ha annunciato che Israele seguirà la decisione degli Stati Uniti e si ritirerà dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu, parlando di discriminazione nei confronti di Tel Aviv.

Erano giorni che Trump parlava dello spostamento degli abitanti della Striscia in altri Paesi. “Gaza è un inferno, nessuno ci vuole vivere. I palestinesi sarebbero entusiasti di andarsene“, ha detto nello Studio Ovale prima di incontrare Netanyahu. Ma se solo fino a qualche ora fa sembrava ipotizzare un ritorno degli sfollati nell’enclave, trasformata “in un posto bello, con case bellissime e dove possono essere felici e non essere colpiti, uccisi o accoltellati a morte”, in conferenza stampa con il premier israeliano ha detto che i palestinesi dovrebbero andarsene “per sempre“. Una prospettiva che ovviamente piace a Netanyahu: “Il progetto di Trump per Gaza potrebbe cambiare la storia“, ha detto. E rivolgendosi al capo della Casa Bianca ha cantato le sue lodi: “Sei il più grande amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca, dici cose che gli altri rifiutano di dire”, ha detto, ricordando le svolte pro-Israele del primo mandato del tycoon, tra cui lo spostamento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme e l’uscita dall’accordo sul nucleare con l’Iran.

Opposto il punto di vista di Hamas, che definisce quello del presidente Usa un progetto “razzista”, volto a “sradicare la causa palestinese”: “Le dichiarazioni di Trump sul suo desiderio di controllare Gaza sono ridicole e assurde, e qualsiasi idea di questo tipo può infiammare la regione”, dichiara all’agenzia Reuters Sami Abu Zuhri, funzionario del movimento islamico che governa la Striscia. Sulle parole del tycoon interviene anche il governo cinese con il portavoce del ministero degli Esteri, Lin Jian: Pechino “si oppone al trasferimento forzato che ha per obiettivo la popolazione di Gaza” e spera che “tutte le parti prendano in considerazione il cessate il fuoco e la governance post-conflitto come un’opportunità per riportare la questione palestinese sulla strada giusta dell’accordo politico basato sulla soluzione dei due Stati”.

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