Avevano chiesto di poter fare “un minuto di rumore” per ricordare Giulia Cecchettin a un anno dal suo femminicidio e protestare contro la violenza di genere, ma il preside ha bocciato l’iniziativa e imposto “il silenzio”. E’ successo al liceo classico Tito Livio di Padova, la scuola in cui studio la 22enne uccisa un anno fa dall’ex fidanzato Filippo Turetta. Nonostante la scelta di fare rumore sia stata invocata fin dall’inizio anche dalla sorella della giovane e sia diventato un simbolo della presa di coscienza del problema nelle piazze, il dirigente si è opposto con una circolare e ha chiesto invece di “accendere una candela a casa” e di inviare la fotografia al sito della scuola. Una proposta contestata dalle associazioni studentesche che hanno annunciato si faranno sentire e non accetteranno la decisione del preside.

“Di fronte ai tanti discorsi che avvolgono la giornata di oggi”, si legge nella circolare del dirigente Luca Piccolo, “il nostro Liceo desidera dare una testimonianza significativa. Prima di tutto credo che come Scuola non ci sia nulla da aggiungere ai fiumi di parole che sono state dette. Anzi, proprio perché è necessario interiorizzare questo evento, rielaborare un anno di riflessioni, dibattiti, esternazioni la nostra strada debba essere quella del silenzio. Un silenzio rispettoso di Giulia, della sua famiglia, di tutte le persone che soffrono per questa tragedia”. E continua: “Il silenzio – badate bene – non significa non parlarne tra noi, non confrontarsi in classe, non aprire dibattiti tra studenti e con i vostri professori. Il silenzio – linea che ho sempre mantenuto in quest’anno – significa scegliere di vivere personalmente, nella calma e nella pacatezza la rielaborazione di una tragedia più grande di noi”, continua la circolare con oggetto “In ricordo di Giulia”. L’invito è quindi a “un piccolo gesto personale, a casa. Chi desidera stasera accenda una candela e la posizioni sul balcone della propria camera, lasciandola consumare sino alla fine. Un segno che ci può ricordare come la vita di Giulia sia stata spenta un anno fa, lentamente, come una candela”.

Alle parole del preside, ha replicato Viola Carollo della Rete degli studenti medi del Veneto. Interpellata da Repubblica ha dichiarato: “Il femminicidio di Giulia ci ha scossi profondamente ma ci ha dato anche la possibilità di riconoscere collettivamente che quando si parla di violenza di genere i casi isolati non esistono, che i problemi sono strutturali, culturali e sociali, e che se non se ne fa carico la collettività allora il semplice ricordo espresso singolarmente resta un simbolo vuoto”. Per questo, Carollo ha ribadito che continueranno a protestare: “Il minuto di rumore significa questo, significa che davanti a una società che ci consiglia caldamente di stare zitte, che teme le parole patriarcato e la denuncia delle violenze sistemiche noi scegliamo di fare rumore, insieme. Continuare a nascondersi dietro la retorica del rispetto della famiglia non è ammissibile se è la stessa famiglia a chiedere che il ricordo di Giulia Cecchettin passi attraverso il rumore e momento di presa di coscienza collettiva. Non ci servono, come suggerito nella circolare, candele accese, silenzio o simboli, perché il ricordo di Giulia continua e continuerà a passare attraverso la lotta, attraverso la messa in discussione del sistema patriarcale, di cui il femminicidio non è altro che un prodotto”.

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