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Sharon Verzeni, il 15enne minacciato: “Moussa Sangare mi chiese se la maglia del Paris Saint-Germain era autentica”

Sharon Verzeni, il 15enne minacciato: “Moussa Sangare mi chiese se la maglia del Paris Saint-Germain era autentica”
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“Quanto costa la tua maglia?”. Moussa Sangare fece questa domanda a uno dei due adolescenti che incrociò poco prima di aggredire e uccidere con quattro coltellate Sharon Verzeni a Terno d’Isola (Bergamo). Il ragazzino, che era insieme a un amico, indossava la maglia del Paris Saint-Germain. Erano nel paese confinante, a Chignolo d’Isola: “La tua maglia è autentica? Quanto costa?”. Il 15enne, forse temendo di essere rapinato e aggredito, ha spiegato ai carabinieri di avergli risposto che la maglietta era falsa: “È tarocca”. Il 31enne, che era a caccia di un bersaglio vulnerabile come ha scritto il gip nell’ordinanza di custodia cautelare, ha mostrato il coltello.

Il 31enne ha detto di aver scelto la vittima quando ha visto che “guardava le stelle in cielo, con le cuffiette”, le si è avvicinato in bici e le ha detto: “Scusa per quello che ti sto per fare”, poi l’ha accoltellata. La barista di 33 anni è solo riuscita a dire: “Perché? Perché?”, poi Moussa è fuggito contromano in bici lungo via Castegnate e si è dileguato, lasciando a terra Sharon, che sarebbe morta di lì a poco, e facendo perdere le sue tracce per un mese. Quella mostrata ai due ragazzini scampati era l’arma dell’omicidio poi trovata seppellita dai carabinieri, su un argine dell’Adda.

Intanto dopo le dichiarazioni di Awa Sangare, sorella dell’indagato, sullo squilibrio e l’aggressività dimostrata dall’uomo, arrivano quelle di una vicina. “Penso che avrei potuto essere io una sua vittima, o mio figlio, oppure un’altra persona del quartiere” dichiara al quotidiano Il Giorno una donna residente al secondo piano dello stabile dove vive la famiglia. “Penso che avrei potuto essere io una sua vittima, o mio figlio, oppure un’altra persona del quartiere. Lo incontravo sulle scale. Mi faceva paura, era strafatto. È tornato a maggio. Per un po’ ha dormito nel cortiletto, su una specie di poltrona, poi ha sfondato una finestra ed è entrato. Faccio una domanda: chi ha pagato per l’allacciamento della luce, che in casa non c’era, visto che lui non aveva soldi? Una volta è salito sul tetto del nostra garage. Lo ha visto mio marito: ballava”. Non solo, la donna racconta di aver segnalato la situazione all’Ufficio tecnico del Comune e agli assistenti sociali: L’unico che mi ha dato retta è stato il comandante dei carabinieri di Capriate”.

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