“So che il mio ritorno può comportare l’arresto e l’entrata in carcere chissà per quanto tempo”, aveva scritto il 3 agosto in una lettera aperta pubblicata su X. Oggi Carles Puigdemont, il leader di Junts per Catalunya fuggito in Belgio all’indomani del referendum unilaterale di indipendenza del 2017, su cui pende un mandato di cattura internazionale emesso dalle autorità di Madrid, è ricomparso a Barcellona dopo sette anni dall’esilio. Aveva dichiarato di voler essere presente alla seduta d’investitura del nuovo governatore Salvador Illa e giovedì mattina alle 9, scortato da altri politici indipendentisti, l’ex governatore, oggi deputato regionale, ha raggiunto un palco allestito a poche centinaia di metri dal Parlamento, dove era atteso da diverse centinaia di simpatizzanti. “Da sette anni ci perseguitano per aver voluto ascoltare la voce del popolo catalano”, ha detto alla folla che lo acclamava. “Da sette anni è iniziata una durissima repressione. Oggi sono qui per ricordare che siamo ancora qui, non abbiamo diritto a rinunciare, perché il diritto all’autodeterminazione è dei popoli”.

Al momento dell’ingresso dei deputati, tuttavia, Puidgemont non era presente in Aula e non era stato visto neanche in altri locali dai giornalisti presenti. Al momento c’è incertezza su dove si trovi: un agente dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, è stato arrestato con l’accusa di aver favorito la sua fuga. Secondo la ricostruzione della tv catalana TV3, tra l’ex presidente e i Mossos esisteva un accordo in base al quale la polizia gli avrebbe permesso di tenere il suo discorso in piazza prima di consegnarsi: il leader indipendentista, però, ha rotto il patto fuggendo in auto. Un fotografo dell’Associated Press ha raccontato come, dopo il discorso dal palco, Puigdemont sia entrato in un tendone adiacente e da lì sia saltato su un’auto che lo aspettava e si è poi allontanata. La polizia ha controllato per ore i veicoli in tutta Barcellona e quelli diretti verso la Francia: i posti di blocco hanno congestionato il traffico cittadino.

Ieri il partito ultraconservatore spagnolo Vox aveva annunciato una manifestazione contro l’ex governatore. “Bisogna riservare al fuggiasco golpista l’accoglienza che si merita in caso osasse metter piede in Spagna”, ha scritto su X il leader nazionale Santiago Abascal. “Vox sarà alle porte del Parlamento catalano ad aspettarlo; che sappia che non dimentichiamo tutti i danni commessi (e che ancora commette) contro la patria e milioni di spagnoli”, ha aggiunto nel suo messaggio, che conclude con l’esclamazione “Puigdemont in prigione!”.

Il 2 agosto la base di Esquerra Republicana de Catalunya (Erc) ha avallato il preaccordo chiuso dalla direzione con i socialisti del Psc per l’investitura di Salvador Illa, dando il via di fatto ad un cambiamento di ciclo politico in Catalogna. Con una partecipazione del 77%, il referendum fra gli 8.500 militanti ha registrato il 53,5% di sì, a fronte del 44,8% di no e l’1,7% di astenuti. Un risultato che ha anticipato una svolta nella regione, una nuova tappa con il primo presidente della Generalitat non indipendentista da 14 anni a questa parte. In cambio, i catalani hanno ottenuto una serie di concessioni: anzitutto, le “chiavi della cassa”, la cessione della sovranità fiscale, storica rivendicazione, che rischia però di aprire di un problema nazionale. “Un passo per la federalizzazione del nostro Stato delle autonomie” regionali, lo aveva definito giovedì il premier Pedro Sánchez, parlando di “un’ottima notizia per il sistema politico spagnolo”.

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