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I precedenti per stalking, le botte a un’altra ex compagna: chi è Gianluca Molinaro, l’uomo che ha ucciso Manuela Petrangeli a fucilate

I precedenti per stalking, le botte a un’altra ex compagna: chi è Gianluca Molinaro, l’uomo che ha ucciso Manuela Petrangeli a fucilate
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Precedenti per stalking, una denuncia di un’altra ex compagna per maltrattamenti e alimenti non pagati al figlio avuto con quest’ultima. Dai primi accertamenti è questo il profilo che sta emergendo di Gianluca Molinaro, l’uomo che ha ucciso Manuela Petrangeli con due colpi di un fucile a canne mozze prima di costituirsi, convinto dalla madre della prima figlia. L’uomo, 53 anni, è un Oss e lavora nel centro di riabilitazione Don Guanella.

Nel tardo pomeriggio è emerso da fonti investigative che l’uomo avrebbe precedenti per stalking. E non sarebbe l’unico caso. Il secondo precedente lo ha raccontato una sua ex compagna, che Molinaro ha contattato dopo aver ucciso Petrangeli, con cui aveva interrotto la relazione tre anni fa. “Quando ha squillato il telefono e ho visto che era lui, ho creduto avesse discusso con nostra figlia – ha rivelato la donna all’Adnkronos – Anche noi avevamo pessimi rapporti, lo denunciai per maltrattamenti quando nostra figlia andava alle elementari, mi picchiava e lo feci arrestare. Poi però, dopo un paio di mesi in carcere, aveva fatto dei percorsi”.

Non risultano invece denunce da parte della vittima del femminicidio, avvenuto intorno alle 14 nel quartiere Portuense. La donna che lo ha convinto a costituirsi ha raccontato nei dettagli la telefonata: “Ho risposto e lui era ubriaco, biascicava. Mi ha detto che aveva sparato, che l’aveva uccisa. Non capivo, non ci volevo credere. Non riuscivo ad alzarmi. Quindi gli ho chiesto dove fosse, ha detto che era in macchina a Selva Candida, che voleva ammazzarsi. Ma io sapevo che non lo avrebbe mai fatto”.

A quel punto, ha aggiunto la donna, “gli ho detto di andare dai carabinieri, che tutto si sarebbe risolto, che tanto lo avrebbero preso e che sarei andata a trovarlo con nostra figlia, anche se non lo pensavo. Non so nemmeno come ho fatto a convincerlo, ma ci sono riuscita. L’ho tenuto al telefono per tutto il tempo, fino a quando non è arrivato dai carabinieri e mi ha chiesto ‘Che ci faccio col fucile?’. Voleva portarselo dietro. Gli ho detto di lasciarlo in macchina e ho attaccato solo quando mi ha passato un carabiniere e ho capito che ce l’avevo fatta”.

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