Giovedì, sera. Sette uomini parlano di aborto. Gli fosse venuta la mezza idea di invitare una donna avrebbero scelto quella più asservita al patriarcato (che all’occorrenza tira fuori fantasie sulla denatalità). Non l’hanno comunque fatto. Perciò risulta ancora più evidente come il privilegio maschile autorizzi questi uomini a ritenersi tutori di donne infantilizzate. Come bambini, donne che non vengono riconosciute in grado di scegliere bene per se stesse. Donne rese mansuete fintanto che non sgravano il pupo per segnare discendenze di stirpi maschili.

Sette uomini che parlano di aborto. In altri momenti altrettanti uomini parlano di stupro. Clericali parlano di femminicidio, distorcendo il termine a loro uso e consumo.

Come quei raduni di gatti che parlano del futuro dei topi. Di etero che parlano della vita delle persone trans. Di bianchi che sciorinano teorie oscene sul destino delle persone nere. Di religiosi che esigono obbedienza dai laici. Di ricchi e privilegiati che ordinano mansuetudine alle persone povere e marginalizzate.

Se non cogliete lo schema che orientativamente viene applicato per disegnare i “valori” della società, reprimendo rivendicazioni delle persone discriminate e schiacciando chiunque a interpretare precisi stereotipi di genere, non sarà semplice rendere chiaro quando ci si possa sentire offese, colonizzate, assediate, mentre il patriarca di turno declama gli ordini che riguardano i nostri corpi, le nostre scelte, le nostre vite.

Non si può restare zitte mentre decidono perfino di toglierci voce, di rubarci il nostro diritto all’autorappresentazione.

Tante donne hanno combattuto per ottenere alcuni dei diritti che ritenevamo consolidati. Diritto di voto, di rappresentanza, di istruzione, di poter lavorare ed essere economicamente indipendenti, di libera scelta, di poter vivere una libera sessualità e una maternità responsabile, di poter dire No a chi vuole stuprarci, di trovare punti di riferimento per difenderci da maltrattamenti e femminicidio.

Ciò che stanno facendo si chiama contrattacco maschilista o backlash gender. Da sempre c’è chi vuole cancellare i nostri diritti. Vogliono riportarci all’era in cui non potevamo parlare per noi stesse, non potevamo scegliere se fare sesso oppure no, se avere figli o no. Non potevamo ribellarci per chiedere giustizia per le donne stuprate e uccise.

Un gruppetto di maschi che ragiona dei nostri uteri è scabroso come chiunque decida di fare l’autopsia in vita dei nostri organi genitali. Ci preferirebbero invisibili, cancellate, belle addormentate (calci in culo al principe che ruba un bacio). E’ maschilista, paternalista, moralista.

Grazie ma no, non ci serve che i paparini parlino al nostro posto. Non ci serve che ricordino come le donne vengono “tenute in considerazione”, con tanto di leccata alla nostra vanità per indurci a pensare che dovremmo essere grate del fatto che i nostri carcerieri si dimostrano gentili. E’ passato il tempo in cui avevamo la sindrome di Stoccolma. Ora sappiamo che, se i maschilisti potessero, supervisionebbero ogni momento della gravidanza fintanto che non gli sgraviamo il pargolo. Noi a portare il peso della gravidanza e loro a giudicarci incoscienti, irresponsabili, non adulte abbastanza da poter scegliere.

Grazie, ma no. Se a certuni manca fare da pater familias possono sempre fare i bulli in una fattoria. La fattoria degli animali di Orwell sarebbe perfetta.

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