Quale miglior modo di parlare del diritto all’aborto se non invitare in televisione ben sei ospiti uomini? Basta lo scatto dello studio di “Porta a porta” con Bruno Vespa (il settimo) a sintetizzare il dibattito degli ultimi giorni, dentro e fuori il Parlamento italiano: uomini che discutono sul corpo delle donne senza che queste vengano neanche invitate al tavolo per dire la loro opinione. Chi, nella tarda serata del 18 aprile, si è sintonizzato su Rai 1 ha potuto assistere alla sintesi perfetta della discussione già avvenuta alla Camera, con l’aggravante che a parlare erano solo e soltanto uomini.

Così, mentre il dem Alessandro Zan denunciava “le molestie psicologiche degli anti-abortisti” a replicare accusandolo di falsità c’era il deputato Fdi Giovanni Donzelli. Sullo sfondo Vespa che è intervenuto prontamente per difendere i gruppi cosiddetti Pro vita: “Non è vero che fanno terrorismo”, ha detto. Per poi aggiungere, senza mostrare alcuna ombra di dubbio: “L’aborto è una tragedia per tutte le donne“. Al momento poi della lettura del sondaggio sulla possibilità che le associazioni anti-abortiste entrino nei consultori, passando la parola ad Antonio Noto, lo stesso Vespa ha fatto la domanda cruciale: “Ma cosa vogliono le donne?“. Peccato che non ci fosse neanche una interlocutrice in studio disponibile per dare una risposta o, almeno, commentare i dati. Al loro posto invece, c’erano tre giornalisti, rigorosamente uomini: Mario Sechi, Tommaso Labate e Federico Rampini. Alle loro spalle, per rendere meglio il messaggio, le immagini di un pancione e di una dottoressa che fa una ecografia: naturalmente mute.

Lo screenshot della platea tutta al maschile con sotto la scritta a caratteri cubitali “ABORTO” è diventato virale. Tanto che, dopo 24 ore, è intervenuta la presidente Marinella Soldi scrivendo Vespa. A quanto si apprende da fonti di Viale Mazzini, ha richiamato al ruolo fondamentale del servizio pubblico in particolare su un tema così sensibile e che chiama in causa direttamente il corpo delle donne. Poco prima il programma aveva diffuso una nota di giustificazione. La redazione, si legge, “fa notare che gli inviti per la trasmissione sono stati fatti nei giorni precedenti al manifestarsi della polemica. Essendo prevista la presenza del Partito democratico, avevamo invitato tre donne parlamentari del Pd (sostituite alla fine dall’onorevole Zan per la loro indisponibilità) e una direttrice di giornale, anch’essa indisponibile. In ogni caso l’aborto è stato solo uno degli otto temi trattati nella trasmissione di ieri”. E chiudono: “Sarà nostra cura, naturalmente, tornare sul tema alla prima occasione utile”. Resta il fatto che, l’assenza di interlocutrici donne su una platea di sei invitati, è un problema anche si parla di altri argomenti e non solo se si parla di questioni che riguardano le donne.

L’episodio ha scatenato le proteste delle opposizioni, ma anche dei rappresentanti sindacali di viale Mazzini. “La Rai ai tempi di Giorgia Meloni lascia che sia un parterre tutto maschile a discutere dei diritti delle donne”, hanno detto i parlamentari Pd in commissione di Vigilanza. “Quanto avvenuto è gravissimo. Porteremo in Commissione di vigilanza questa vicenda, bisogna fermare questo declino e contrastare la palese violazione dei principi della parità di genere”. Il riferimento del Pd è alle norme: “Sono venuti meno tutti i principi di parità di genere contenuti nel Contratto di Servizio Rai. Un fatto che mina alle basi la credibilità dell’azienda pubblica radiotelevisiva italiana. Meno di un anno fa la Presidente Rai Soldi si era impegnata con il progetto della Commissione europea ‘No women no panel’ a garantire una rappresentazione paritaria nei talk e nei dibattiti pubblici. In meno di un anno dobbiamo registrare che alle promesse non sono seguiti i fatti, con l’aggravante che l’argomento in discussione riguardava un diritto femminile, quello all’aborto”. Poco dopo ha parlato anche il capogruppo di Alleanza Verdi Sinistra Peppe De Cristofaro: “Ieri sera in Rai è andata in onda una nuova perla di TeleMeloni”, ha dichiarato. “Un’immagine plastica di una società maschilista e patriarcale. Il diritto delle donne non si tocca ed è mortificante che la Rai, la più grande azienda culturale del Paese, venga usata senza ritegno per una crociata identitaria sul corpo delle donne. Una cosa gravissima, una violazione del codice etico dell’azienda, su cui presenteremo un’interrogazione in Commissione di vigilanza Rai e sulla quale chiederò alla Presidente Floridia di convocare l’amministratore delegato Sergio e il direttore generale Rossi”.

All’attacco anche i comitati pari opportunità Rai e Usigrai: “Non deve più accadere che in un grande network come la Rai si vìolino così palesemente le policy che la stessa Azienda ha approvato”, si legge in una nota. “Mancando di rispetto alle donne che vivono in Italia. Abbiamo chiesto all’Azienda di prendere tutti i provvedimenti del caso, perché non avvenga mai più. Anche in vista degli importanti momenti di confronto e discussione pubblici che attendono il Paese. Nel 1976 in un’analoga occasione Oriana Fallaci ebbe a stigmatizzare il maschilismo nell’arena pubblica italiana per essere la sola donna presente in una discussione televisiva sull’aborto. 50 anni dopo in una trasmissione del Servizio Pubblico si è riusciti a fare di peggio”.

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