di Sonia Surico

Il nemico più temuto: il dissenso. Quello che si respira in Italia è un clima di crescente paura e oppressione, dove le voci critiche vengono sempre più soffocate non solo dalla minaccia del silenzio, ma anche dall’ombra delle cause legali. Il cosiddetto decreto anti-rave – tra i primi del governo Meloni – è solo uno dei tasselli di questo pericoloso mosaico. Venduto come un baluardo contro il caos e la violenza, può trasformarsi in un’arma a doppio taglio, pronta a recidere qualsiasi forma di protesta o dissenso sotto il peso implacabile delle sanzioni penali.

Il modus operandi è tanto subdolo quanto efficace: trascinare in tribunale chiunque osi contestare. Le misure, presentate come necessarie per il mantenimento dell’ordine pubblico e la tutela dei cittadini, finiscono spesso per limitare le libertà fondamentali e alimentare un clima di ansia e repressione. Ma non sono solo i giornalisti a dover fare i conti con questo clima avvelenato: attivisti e attiviste, ogni giorno, sanno di rischiare se osano sollevare la testa contro grandi aziende e potenti gruppi di potere.

Le immagini di violenza emerse dai fatti di Pisa rappresentano solo uno degli episodî di una serie sempre più inquietante di atti che rischiano di minacciare la libertà di dissentire.

Ma il problema non si limita a singoli eventi: è il trend inesorabile di restrizioni che si fa sempre più preoccupante. Gli eco-attivisti, spesso giovani idealisti che vedono nel proprio impegno un atto di responsabilità nei confronti del pianeta e delle generazioni future, si trovano ora nel mirino delle autorità. Il loro sforzo per mettere in luce le minacce ambientali e spingere i governi a prendere misure concrete viene interpretato come un atto di insubordinazione, anziché come un contributo essenziale al dibattito pubblico e alla tutela dell’ambiente.

Eppure, l’articolo 21 della nostra Costituzione dichiara espressamente: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Ma se il dissenso non è permesso nemmeno quando riguarda questioni vitali come la sopravvivenza del pianeta, in quale direzione sta andando la nostra democrazia?

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