Circa la metà della popolazione mondiale vive una condizione di grave scarsità idrica, almeno per una parte dell’anno. Un quarto, invece, deve far fronte a livelli di stress idrico estremamente elevati, utilizzando oltre l’80% della propria fornitura annuale di acqua dolce rinnovabile ed è un problema che vivono sempre più Paesi, Italia compresa. In quelli più poveri, però, tutto ciò porta a conflitti e migrazioni forzate. Nella Giornata internazionale dell’acqua, il nuovo rapporto pubblicato dall’Unesco per conto di UN-Water L’acqua per la prosperità e la pace racconta lo stato delle risorse idriche mondiali, anche attraverso le storie di tensioni, cooperazione e di azioni risolutive oggi necessarie. Perché nel mondo vivono ancora senza acqua potabile gestita in modo sicuro 2,2 miliardi di persone e 3,5 miliardi non hanno accesso a quella che serve per i servizi igienico-sanitari. L’obiettivo delle Nazioni Unite di garantire per tutti questo accesso entro il 2030 è lungi dall’essere raggiunto e le previsioni indicano che le disuguaglianze probabilmente aumenteranno, anche a causa del cambiamento climatico, con rischi per la stabilità sociale e i flussi migratori nel mondo. “Con l’incremento dello stress idrico – spiega Audrey Azoulay, direttore generale dell’Unesco – aumentano anche i rischi di conflitti locali o regionali. Se vogliamo preservare la pace, dobbiamo agire rapidamente non solo per salvaguardare le risorse idriche, ma anche per la cooperazione regionale e globale in questo settore”.

Lo stato delle risorse idriche mondiali
A livello mondiale, circa il 70% dei prelievi di acqua dolce è destinato all’agricoltura, seguita dal settore industriale (poco al di sotto del 20%) e dagli usi domestici (o municipali, pari a circa il 12%). Ma la principale causa dell’incremento della domanda – che si concentra nelle città, soprattutto nelle economie emergenti – è dovuta però agli utilizzi industriali e domestici. Quasi l’84% dei piccoli agricoltori nei Paesi a basso e medio reddito, però, opera in regioni caratterizzate da scarsità idrica e meno di un terzo può ricorrere all’irrigazione. Un altro problema è rappresentato dalla qualità dell’acqua. Tra i contaminanti emergenti che destano preoccupazione ci sono i Pfas, i cosiddetti inquinanti eterni, ma anche sostanze farmaceutiche, ormoni, prodotti chimici industriali, detersivi, cianotossine e nanomateriali. In tutte le regioni è stata inoltre registrata un’elevata concentrazione di antimicrobici che derivano da un insufficiente trattamento delle acque reflue domestiche, da allevamenti e acquacoltura.

L’acqua in Italia
Problemi noti anche in Italia. Storicamente considerato un Paese ricco d’acqua, oggi fa i conti con il cambiamento climatico, l’assenza di neve e lo scioglimento dei ghiacciai. E paga con emergenze come quella in corso in Sicilia difficoltà relative a perdite di rete, gestione frammentata del servizio idrico, consumi tra i più alti del mondo e una serie di carenze dal punto di vista delle infrastrutture e, in generale, delle soluzioni. Dall’utilizzo delle acque reflue alla depurazione. Priorità sottolineate nel corso dell’ultima riunione della cabina di regia sulla siccità, ma anche da Utilitalia nell’ultimo Blue Book.

È un fatto, lo certifica Ispra, che la disponibilità di risorsa idrica del Paese nel 2023 conferma il trend negativo registrato da diversi anni, anche se con dati in ripresa rispetto al 2022. Per lo scorso anno si parla di oltre 112 miliardi di metri cubi (nel 2022 era a 67 miliardi, minimo storico dal 1951), a fronte di un valore di precipitazione totale di 279 miliardi di metri cubi. Anche nel 2023, comunque, c’è stata una riduzione a livello nazionale di circa il 18% della disponibilità rispetto alla media annua dello stesso lungo periodo 1951–2023 “risultato – spiega Ispra – dell’effetto combinato di un deficit di precipitazioni e di un incremento dell’evaporazione dagli specchi d’acqua e dal terreno”.

Tra inondazioni e siccità, la bomba sociale degli sfollati climatici
Tra i rischi naturali più devastanti legati all’acqua ci sono proprio la siccità e le inondazioni. Soprattutto se colpiscono i Paesi più poveri del pianeta. Come ricorda l’Unesco, tra il 2002 e il 2021 la siccità ha colpito oltre 1,4 miliardi di persone, causando oltre 21mila decessi, con perdite economiche pari a 170 miliardi di dollari. E tra il 2002 e il 2022 le inondazioni hanno causato circa 108mila decessi, danni a oltre 1,6 miliardi di persone e perdite economiche per 877 miliardi di dollari. Secondo le previsioni, il riscaldamento globale farà aumentare frequenza e gravità di siccità e inondazioni. E se, riporta il Global Report on Internal Displacement 2023, alla fine del 2022 il numero di persone sfollate all’interno del proprio paese ha raggiunto il livello più alto di sempre (71 milioni in tutto il mondo, lʼ88% a causa di conflitti e violenza), anno dopo anno gli sfollamenti interni causati da disastri – spesso legati all’acqua – sono sempre di più. La Banca mondiale ha stimato che, in assenza di un intervento adeguato sul clima, 216 milioni di persone potrebbero essere costrette a trasferirsi entro il 2050.

I conflitti e la necessità di accordi transfrontalieri
Gli stessi conflitti, poi, sono spesso alimentati dalla scarsità dell’acqua e viceversa. Nella regione del Sahel, il degrado delle zone umide, spesso causato da progetti di sviluppo idrico sconsiderati, ha esacerbato le controversie locali sull’accesso all’acqua e terreni produttivi. Nella regione araba, sette Paesi erano in conflitto nel 2021 e questo ha avuto implicazioni sull’approvvigionamento idrico e la cooperazione. Di fatto, mentre circa il 40% della popolazione mondiale vive in bacini fluviali e lacustri transfrontalieri, solo un quinto dei Paesi ha firmato accordi per gestire in modo equo queste risorse. Molte di queste aree sono state o sono ancora segnate da tensioni. L’Africa rimane particolarmente vulnerabile. L’Unesco sottolinea l’importanza degli accordi transfrontalieri e ricorda quello sul bacino del fiume Sava, firmato nel 2002 da Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Serbia e Slovenia: “Due decenni dopo la sua adozione, è diventato un fattore chiave di stabilità nella regione”. Il declino del volume del Lago Ciad, diminuito del 90% in 60 anni, ha richiesto la messa in campo di un’azione complessa “ma negli ultimi anni – spiega il report – Camerun, Ciad, Repubblica Centrafricana, Libia, Niger e Nigeria hanno dato nuovo impulso alla Commissione per il bacino del Ciad”.

Storie di lotta e di tutela
Nel report si ricordano diverse storie di tutela, cooperazione e gestione. Come quella nata sulle sponde del fiume Salween, che attraversa Cina, Myanmar e Thailandia. L’area ha sofferto 70 anni di conflitti, anche armati, ma oggi il Parco della pace Salween copre una superficie di oltre 6mila chilometri quadrati con un paesaggio ricco di biodiversità. È nato con un’iniziativa che permette alle popolazioni indigene locali di rafforzare le pratiche tradizionali e sostenere la gestione delle risorse idriche conservando ecosistemi essenziali. Dopo un intervento militare nel 2021, però, lo sfollamento e le difficoltà nel sostentamento hanno ostacolato le attività della comunità. In Perù, invece, è andato in fumo il progetto Minas Conga, relativo a una miniera a cielo aperto che ampliava la grande miniera d’oro Minera Yanacocha. La popolazione della città di Cajamarca, che fa affidamento sull’accesso alle acque sotterranee dei laghi montani, ha protestato per anni ed è ancora vivo il ricordo di una delle manifestazioni, nel corso della quale l’utilizzo di gas lacrimogeni e colpi di arma da fuoco hanno causato 20 feriti e tre morti. Nello Yemen, invece, le acque della diga di Malaka sono state oggetto di conflitto per decenni fino a quando un decreto tribale ne ha impedito ogni utilizzo, ma Al Malaka, un’associazione gestita da donne della comunità, si è fatta carico della risoluzione della controversia e dei negoziati di pace relativi all’utilizzo delle acque della diga. Ci è riuscita attraverso la costruzione di un sistema di condotte che sfrutta la gravità per trasferire l’acqua della diga di Malaka a diversi pozzi di acque sotterranee nellʼarea.

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