Mentre i leader chiamano il riarmo e il conflitto, il Consiglio europeo prepara il continente all’ipotesi di una guerra. Finora erano state solo parole, ora è stato scritto nero su bianco che all’Europa serve un piano d’emergenza proprio in caso di attacco militare. Il riferimento è stato confermato anche nelle conclusioni della prima giornata del Consiglio europeo ed è indicativo della direzione presa dall’Europa nei confronti del conflitto tra Russia e Ucraina, se il vecchio continente arriva anche solo a ipotizzare un programma che coinvolga i civili e la società: le conclusioni del vertice sottolineano infatti la necessità “imperativa” di una “preparazione militare-civile rafforzata nonché coordinata” e di una “gestione strategica delle crisi nel contesto dell’evoluzione del panorama delle minacce”. Per poi invitare il Consiglio a portare avanti i lavori e la Commissione, insieme all’Alto Rappresentante, a proporre “azioni per rafforzare la preparazione e la risposta alle crisi a livello dell’Ue in un approccio che tenga conto di tutti i rischi e di tutta la società, in vista di una futura strategia di prontezza”.

A frenare la deriva guerresca verso la quale sembra indirizzata l’Ue ha provato lo stesso capo della diplomazia europea, l’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell: “Non bisogna impaurire la gente inutilmente, la guerra non è imminente” in Europa, ha detto. “Non dobbiamo esagerare, sento voci dire che la guerra è imminente. Grazie a Dio non lo è, crediamo nella pace, sosteniamo l’Ucraina e non siamo parte di questo conflitto. Solamente, dobbiamo sostenere l’Ucraina e prepararci per il futuro, aumentando le nostre capacità militari. Quello che è imminente è la necessità degli ucraini di essere sostenuti, non è questione di andare a morire per il Donbass. Il problema è sostenerli perché loro non debbano morire nel Donbass”.

Sono queste le frasi allarmanti su cui hanno discusso oggi i leader seduti al tavolo del Consiglio europeo: un vertice di guerra in cui è arrivato anche l’accordo – o quanto meno l’affermazione di una volontà comune – di utilizzare i profitti straordinari degli asset russi congelati per mandare altre armi all’Ucraina. Nelle intenzioni, l’accordo raggiunto dai 27 per utilizzare i proventi provenienti dagli asset russi congelati potrà consentire di avere a disposizione per quest’anno tre miliardi di euro da spendere per l’acquisito di equipaggiamenti militari da fornire a Kiev. Lo ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen al termine dela prima giornata del vertice Ue. Fumata nera invece sulla emissione di debito europeo per il riarmo: nelle conclusioni, infatti, sul punto cruciale dei finanziamenti, i leader si sono divisi (Germania e nordici non vogliono emissioni comuni di debito) e alla fine si è deciso di prendere tempo. Nel testo finale, dunque, si legge che al fine di “migliorare l’accesso dell’industria della difesa alla finanza pubblica e privata […] il Consiglio Europeo invita il Consiglio e la Commissione ad esplorare tutte le opzioni per mobilitare i fondi e di riferire a giugno. In più, la Banca Europea per gli Investimenti è invitata ad adattare la sua politica creditizia nei confronti dell’industria della difesa e la sua attuale definizione di beni a duplice uso, salvaguardando la sua capacità finanziaria“.

Sul tavolo però anche le frasi del presidente francese Emmanuel Macron, che nei giorni scorsi era arrivato a ipotizzare l’intervento di soldati europei in territorio ucraino, salvo poi fare una parziale retromarcia. Un intervento diretto di soldati europei però non è più un’ipotesi da scartare a prescindere, non solo per Macron. Hanno un effetto diverso, dopo aver letto la bozza delle conclusioni, anche le parole pronunciate solo due giorni fa proprio dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel: “Se vogliamo la pace prepariamoci alla guerra“.

Proprio in vista del vertice europeo di oggi e venerdì, Michel spiegava che i Paesi Ue devono essere “pronti a difendersi”, producendo più munizioni e spendendo di più per la difesa. Ma evidentemente anche preparando i civili all’ipotesi della guerra in Europa. E la Germania si sta già muovendo in questo senso: come raccontato da ilfattoquotidiano.it, i Comuni tedeschi hanno chiesto a Berlino di ripristinare bunker e rifugi e costruirne dei nuovi, nonché di dotare tutto il territorio di sirene d’allarme, stanziando almeno 1 miliardo di euro all’anno per i prossimi dieci anni. Quella che i vertici europei stanno portando avanti nelle ultime settimane è una “escalation comunicativa molto preoccupante”, ha spiegato a ilfattoquotidiano.it Stefano Cristante, ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università del Salento. “Le guerre minacciate sono molto più vicine alla guerra vera di una soluzione diplomatica”.

In questo clima, a sorprendere nuovamente è l’atteggiamento del premier ungherese Viktor Orbán che proprio nelle ore in cui si trova a Bruxelles per il vertice con gli altri 26 Stati membri invia le proprie congratulazioni a Vladimir Putin per la rielezione. In una lettera, si è congratulato col presidente russo “sottolineando che la cooperazione tra Ungheria e Russia, basata sul rispetto reciproco, consente importanti discussioni anche in contesti geopolitici difficili – ha spiegato il portavoce del governo Zoltan Kovacs – Orbán ha affermato l’impegno dell’Ungheria per la pace e la disponibilità a intensificare la cooperazione nei settori non limitati dal diritto internazionale”.

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