Niente videogiochi e pugno duro: secondo il ct Luciano Spalletti è questa la ricetta per risollevare la Nazionale italiana. Potrebbe sembrare una parodia del sergente Hartman di Full Metal Jacket, invece è la realtà consegnata dall’allenatore toscano alle colonne della Gazzetta dello Sport: “Da qui in avanti le Playstation le lasciano a casa e non le portano più. Glielo invento io un giochino a cui pensare per distrarsi la notte“, dice Spalletti. Che è convinto che questa sia la strada per riportare l’Italia al trionfo: “Io ho bisogno di far venire fuori una Nazionale forte, non mi accontento di nulla – dice il ct – Voglio vincere l’Europeo e poi voglio vincere il Mondiale“. Eppure, va ricordato, solo tre anni fa gli azzurri alzarono la Coppa a Wembley trascinati dalla colonna sonora “Ma quale dieta, me piacen ‘e purpett“, canzone in dialetto napoletano diventata l’inno del prepartita, perfetto emblema di una Nazionale scanzonata che pure riuscì a battere gli inglesi e conquistare l’Europeo.

“Maglia, valori, orgoglio, responsabilità, non sono parole che uso a caso, anche se qualcuno deve averlo pensato… Alcuni giocatori devono aver creduto che Spalletti abbaia e poi non ha i dentini, invece si sbagliano e ora ci sono delle cose che vanno messe in chiaro“, attacca subito Spalletti. Che poi continua: ” Vengono da me e gli do i compiti da fare la sera se non sono bastati quelli di giorno. Perché in Nazionale si sta sul pezzo, concentrati, non si cazzeggia. Ripeto lo slogan degli All Blacks, ‘Niente teste di ca… quì”. E’ il chiaro messaggio inviato dal ct agli azzurri. Che sembra quasi aver già paura di un fallimento: “Poi possiamo uscire anche subito, ma i discorsi che faccio alla squadra sono quelli che si aspettano tutti gli italiani: noi si va in Germania per vincere, non per partecipare. Lo richiede la nostra storia. Per riuscirci ho bisogno che questi calciatori diventino meglio di quello che sono. Non ho il tempo di esercitarli: serve qualcosa che gli entri dentro e gli accenda un fuoco, gli faccia sgranare gli occhi, gli dia la convinzione di potercela fare”.

Spalletti sembra avercela con alcuni calciatori in particolare: “I cellulari devo sopportarli, ma non possono essere tenuti sul lettino dei massaggi e durante le cure. Ho parlato di videogiochi perché ci sono state cose che NON mi sono piaciute e il ‘non’ la prego di scriverlo in maiuscolo”, dice alla Gazzetta. Il proseguo dell’intervista è infarcito di luoghi comuni sui “giovani d’oggi” che ovviamente – vuole la retorica – non hanno i valori di un tempo: “Voglio far rivivere i raduni e i ritiri di un tempo: vecchie abitudini e atmosfere. Cose semplici e sane. E Buffon in questo mi aiuterà. Se la modernità è giocare alla Playstation fino alle 4 di mattina quando c’è la partita il giorno dopo, allora questa modernità non va bene”, dice Spalletti.

Il ct poi riattacca con lo stesso ritornello: “Viviamo in un mondo che poco incentiva il duro lavoro, il sudarsi le cose: i ragazzi di oggi preferiscono mettere una foto su Instagram con il capello fatto piuttosto che abbassare la testa e pedalare. Questi non sono i valori che la mia Italia deve trasmettere”, rimarca il tecnico. Nell’intervista c’è spazio pure per qualche frase ad effetto: “Si viene in Nazionale con gli occhi che ridono e con il cuore che batte e ci si sta come un branco di lupi che vanno in fila indiana per spingere il compagno davanti e non lasciare nessuno indietro. Gli italiani chiedono una Nazionale cazzuta e responsabile, solida e spavalda”. E poi la frase che diventa a questo punto il manifesto dell’Italia di Spalletti: “Si viene in Nazionale per vincere l’Europeo non per vincere a Call of Duty“. Ma sarà davvero la Playstation il problema?

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