Diventano sempre più piccoli i carrelli della spesa degli italiani. Eppure i portafogli si svuotano. È il malinconico leit motiv che dura da mesi e che si conferma anche a dicembre, mese in cui, secondo l’Istat le vendite al dettaglio hanno registrato un incremento dello 0,3% in valore e un calo del 3,2% in quantità rispetto allo stesse mese del 2022. Il confronto mensile conferma la tendenza con un aggravante, ormai stremate, le famiglie iniziano a ridurre la spesa anche in valore. Tra dicembre e novembre il valore degli acquisti è diminuito dello 0,1% mentre la quantità è scese dello 0,5%. Il risultato dell’intero 2023 è di un incremento degli incassi dei negozianti del 2,8% a fronte di un calo della quantità dei prodotti comprati del 3,7%: i prezzi salgono, gli acquisti scendono.

In particolare nel 2023 si sono comprati meno prodotti alimentari (- 3,9%) ma i rivenditori hanno incassato il 5,8% in più dell’anno prima. Per i non alimentari i dati sono quelli di un aumento in valore dello 0,6% e di un calo in quantità del 3,5%. Alle prese con continui rincari, i consumatori si sono orientati verso i discount che offrono prodotti a minor prezzo e che hanno visto i ricavi aumentare dell’8,2%. Salgono, ma in linea con l’inflazione, anche gli incassi di ipermercati (+ 5,2%) e supermercati (+ 6,4%). Tra i piccoli negozi, gli alimentari registrano un incremento del valore delle vendite del 2,4% mentre gli altri un calo dello 0,3%.

“Il dato di dicembre delle vendite al dettaglio (-0,5% a volume su novembre) è un sintomo di come la situazione sul versante dei consumi rimanga molto complicata”, dice la Confcommercio che poi precisa “In Italia permangono situazioni molto complicate, con alcuni segmenti di consumo, tra cui abbigliamento e calzature e mobili ed elettrodomestici che vedono calare le vendite anche a valore, con particolari penalizzazioni per le imprese di minori dimensioni. Si spera che la stagione dei saldi ne migliori il fragile profilo economico-finanziario”.

“Anche per i prossimi mesi si prevede una situazione contraddistinta dall’incertezza, anche a causa delle tensioni geopolitiche in corso, che potrebbe avere effetti negativi su un’eventuale ripresa dei volumi di vendita”, dice Carlo Alberto Buttarelli, presidente di Federdistribuzione.

“I dati Istat sulle vendite al dettaglio confermano i pesanti tagli di spesa in volume operati dalle famiglie nel 2023 per far fronte al caro prezzi, e le profonde modifiche nelle abitudini degli italiani”, afferma Assoutenti, che sottolinea in particolare la marcata riduzione delle vendite in volume per i beni alimentari nonostante la crescita della spesa in valore. il presidente dell’l’associazione, Gabriele Melluso in una nota rileva come “Le vendite dei prodotti alimentari hanno registrato una contrazione in volume del 3,9%, a fronte di un aumento in valore del 5,8%. Questo significa che le famiglie, pur avendo messo in tavola meno cibo e bevande rispetto all’anno precedente, si sono ritrovate al spendere di più, e questo a causa del forte aumento dei prezzi che ha investito il settore. Al netto dell’inflazione le vendite in volume di cibi e bevande sono così calate in Italia complessivamente di ben 5,8 miliardi di euro nel 2023″.

“Sono dati sconfortanti – scrive l’Unione nazionale consumatori – in media nel 2023 il calo dei volumi consumati rispetto al 2022 è pari al 3,7%, anche se poi l’inflazione crea l’illusione ottica di un rialzo del 2,8%. Traducendo in soldoni queste cifre, rispetto al 2022 le spese alimentari per una famiglia media scendono di 225 euro a prezzi del 2022, quelle non alimentari di 621 euro, per un totale di 846 euro. Una coppia con 2 figli acquista 314 euro in meno di cibo e 858 euro di beni non alimentari, per una cifra complessiva di 1172 euro, mentre per una coppia con un figlio sono 284 euro in meno per mangiare, 1081 euro in totale”. “Insomma – afferma Massimiliano Dona, presidente Unc – gli italiani stringono la cinghia per far fronte all’inflazione, riducendo le quantità acquistate, persino per gli alimentari, finendo per mangiare nel 2023 il 3,9% in meno rispetto al 2022. Un dato allarmante e preoccupante“.

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