Se non ci mettono lo zampino i giudici, supremi od ordinari che siano, Donald Trump viaggia verso la nomination repubblicana alla Casa Bianca a gonfie vele. Il magnate ex presidente ha fatto quello che nessun aspirante repubblicano che non fosse un presidente in carica era mai riuscito a fare: vincere di fila le due prime primarie, lo Iowa e il New Hampshire, Stati fra di loro molto diversi. Trump ha battuto nettamente la sua rivale Nikki Haley, in una corsa ormai ridotta a un duello – all’inizio, erano una dozzina -, dopo il ritiro domenica del governatore della Florida Ron DeSantis, che ha dato il suo appoggio all’ex presidente (di cui è un clone più giovane e più antipatico).

L’ex governatrice della South Carolina assicura che intende andare avanti: il 24 febbraio, il circo delle primarie farà tappa nel suo Stato. Ammesso che ci arrivi davvero, una sconfitta lì, dove ora Trump è nettamente avanti nei sondaggi, sarebbe per lei il capolinea. I caucuses del Nevada, che sono la prossima tappa, l’8 febbraio, sono sulla carta appannaggio del magnate.

Nel New Hampshire, Trump ha avuto quasi il 55% dei voti, la Haley poco più del 43%. Il distacco fra i due non è stato abissale come nello Iowa – oltre trenta punti – ed è stato inferiore ai sondaggi, che prevedevano un 20%, ma è comunque netto. I repubblicani andati alle urne sono stati circa 300 mila, in uno Stato fra i più piccoli e meno popolosi dell’Unione – 24 mila kmq, 1.380.000 abitanti -. Secondo l’Ap, Haley sta esaurendo il tempo a sua disposizione per porsi come credibile alternativa al magnate ex presidente. Il New York Times nota che il New Hampshire era, sulla carta, uno Stato più favorevole a Haley che a Trump. E il Washington Post scrive che il risultato della scorsa notte conferma la tenuta della presa di Trump sull’elettorato repubblicano e acuisce i dubbi sulle chance di Haley.

Sulla base di exit poll condotti ieri da media Usa, una metà degli elettori repubblicani alle primarie del New Hampshire ritiene che Joe Biden non abbia vinto in modo legittimo le elezioni del 2020 e crede alle ricorrenti affermazioni di Trump sulle elezioni rubate, pur in assenza di qualsiasi prova. Le maggiori preoccupazioni degli elettori repubblicani sono l’economia, l’immigrazione, l’aborto e la politica estera. La stessa campagna del presidente Biden dice che “Trump si è quasi assicurato la nomination”. Biden vede nel magnate un avversario vulnerabile nelle Presidenziali del 5 novembre: potrebbe alienarsi il voto dei moderati e degli indipendenti, soprattutto se nel frattempo subisse una condanna in uno dei tanti processi pendenti – almeno sei, attualmente -. E, in effetti, nei sondaggi nazionali, Haley batte Biden più nettamente di Trump.

In campo democratico, dove le primarie erano un pasticciaccio – il partito statale le ha indette, ma quello federale le ha sconfessate, non attribuendo seggi alla convention, e Biden non s’era iscritto -, il presidente ha ottenuto un buon successo: oltre la metà degli elettori hanno scritto il suo nome sulla scheda di proprio pugno; meno del 20% hanno votato il suo rivale, il deputato del Minnesota Dean Phillips, l’unico in lista. I democratici andati alle urne sono stati poco più di centomila.

Fra i democratici, l’avvio ufficiale della stagione delle primarie sarà in South Carolina, il 3 febbraio. La South Carolina è uno Stato dove le minoranze hanno più peso che in Iowa e New Hampshire, due Stati essenzialmente bianchi. Il presidente dei democratici del New Hampshire, Ray Buckley, ha esaltato la “schiacciante vittoria” di Biden: “I cittadini dello Stato di Granito si sono presentati alle urne in gran numero per mostrare il loro sostegno al grande lavoro svolto dall’Amministrazione Biden-Harris per fare crescere l’economia, proteggere le libertà riproduttive e difendere la nostra democrazia”. Phillips persiste: “Sono l’unico che può battere Trump”.

Il magnate ex presidente, parlando alla Fox e ai suoi sostenitori, s’è detto “onorato” della vittoria e convinto che il partito repubblicano sia “molto unito” dietro la sua candidatura. Poi, cambiando registro, se l’è presa con Haley (“dovrebbe lasciare la corsa” perché altrimenti “dobbiamo sprecare soldi anziché spenderli contro Biden”) e con il presidente. Poche ore prima, Trump aveva detto che non avrebbe mai chiesto a nessuno di farsi da parte e che non gli interessava se la rivale continuava la gara. Dopo il successo, ha sostenuto: “Haley ha avuto una serataccia, ha perso e ha fatto un discorso come se avesse vinto”; e ha fatto un’insinuazione, “se vincesse la nomination sarebbe indagata entro 15 minuti per piccole cose di cui non vuole parlare”.

Il magnate ha pure deriso il presidente: “Abbiamo battuto Biden. Ma chi non lo batterebbe? Non riesce a mettere due parole in fila, non riesce a camminare”. Sul palco con lui c’erano gli ex rivali Vivek Ramaswamy, imprenditore, e Tim Scott, senatore della South Carolina. Per Ramaswamy, Haley deve lasciare, perché “le primarie finiscono qui”.

L’ex governatrice si è congratulata con il magnate, ma si è mostrata combattiva: “L’incoronazione di Trump sarebbe una vittoria per Biden. E il South Carolina non vuole un’incoronazione, vuole un’elezione… Il segreto peggio custodito in politica è quanto i democratici vogliano correre contro Trump: sanno che è l’unico repubblicano nel Paese che Biden può sconfiggere“, perché genera caos. “La maggior parte degli americani non vuole la rivincita tra Biden e Trump. Vincerà il primo partito a mandare in pensione il proprio candidato ottantenne”, prevede Haley, 52 anni. E’ forse nvero. Ma né i repubblicani né i democratici sembrano intenzionati a rottamare le loro ‘vecchie glorie’.

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