L’Argentina si ferma di nuovo per uno sciopero generale, convocato dalla Cgt, la più radicata confederazione sindacale del Paese e a cui hanno aderito la CTA, la CTA Autonoma, la UTEP e molte firme minori e locali del sindacalismo di base. Uno sciopero che sfida Milei e il suo governo. Una novità in campo sindacale, un’unità anomala che dà immediatamente l’idea dello shock provocato dal nuovo presidente, prima con la sua vittoria e poi con le riforme. Una prova di forza che nasce dall’opposizione peronista, la CGT è la sua forza sindacale di riferimento, e che raccoglie però tutte le paure di chi vede e sente in Milei il pericolo di una rapida distruzione dell’Argentina.

Sarà uno sciopero di 12 ore, da mezzogiorno a mezzanotte (dalle 19 alle 24 per il settore dei trasporti anche se sindacati autonomi del settore hanno disposto lo sciopero per 12 o 24 ore), e vedrà davanti al palazzo del Congresso il comizio dei tre leader della CGT: Héctor Daer (Asociación de los Trabajadores de la Sanidad Argentina), Carlos Acuña (Sindicato de Obreros y Empleados de Estaciones de Servicio) e Pablo Moyano (Sindicato de Camioneros). “La patria non si vende” è il motto centrale della mobilitazione, la richiesta è il ritiro immediato del decreto di Necessità e Urgenza e della legge Omnibus. Uno sciopero che segue le giornate di mobilitazione che di fatto dal 10 dicembre in poi, nonostante sia estate in Argentina, si stanno susseguendo periodicamente. Ma la giornata del 24 ha un sapore di sfida aperta, tanto che non c’è settore del Paese critico con Milei che non si stia organizzando per “generalizzare” lo sciopero e portare più persone possibili a fermare le attività lavorative. Il mondo sindacale denuncia il primis l’attacco ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici ma è spaventato per l’ampiezza delle misure disposte con i due provvedimenti dal nuovo governo. Secondo il segretario senerale della CTA Autonona, Hugo Godoy, “lo sciopero serve per costruire l’unità popolare che può impedire al Congresso Nazionale di approvare il decreto di necessità e urgenza (DNU), che non ha alcuna necessità né alcuna urgenza, se non quella del presidente che vorrebbe prendersi tutti i poteri del pubblico”. Per Godoy, “il congresso deve respingere il disegno di legge Omnibus che è progetto di saccheggio, darebbe libertà al saccheggio dei beni collettivi ai gruppi transnazionali e aprirebbe la strada alla schiavitù e alla frammentazione della nostra patria”.

La giornata di protesta si misurerà anche con il nuovo protocollo anti-picchetto varato dal governo Milei e scritto da Patricia Bullrich. Un pacchetto che oltre che limitare la possibilità di manifestare prevede multe importanti per le organizzazioni che promuovono la manifestazione. “Per noi, il modo migliore per difendere la democrazia è allargare la partecipazione popolare e il modo migliore per allargare la mobilitazione è costruire l’unità, costruire la fiducia, issare la bandiera della sovranità e della giustizia sociale come aspetti fondamentali per affrontare la crisi e risolverla. A favore delle persone e non a favore delle imprese transnazionali” prosegue Godoy.

Ad appoggiare lo sciopero non sono solo i movimenti sociali, ma anche le formazioni politiche d’opposizione. I partiti che conformano “Unión por la Patria” hanno mostrato il loro “totale sostegno” allo sciopero e alla manifestazioni. Ma anche il Frente de Izquierda Unidad appoggia l’iniziativa sindacale, con la sua deputata Myriam Bregman che si augura che il 24 gennaio non sia altro che l’inizio di una lotta contro “il piano di guerra del Governo”.

Godoy, invece, aggiunge: “Ciò che Milei sta facendo con questo DNU e con la legge Omnibus è cercare di riscrivere, di fatto, la Costituzione Nazionale, violare i poteri del Congresso, abrogare leggi approvate e in vigore da anni a favore di lavoratori e lavoratrici e cancellare la leggi che difendono gli interessi della Nazione, come quella fondiaria che limita l’estrattivismo. Una direzione, quella intrapresa dal governo, che colpisce gravemente la vita e le proprietà del popolo argentino. Per questo dico che sono progetti che esprimono le intenzioni del presidente di appropriarsi del potere pubblico, cosa che la nostra Costituzione condanna come infame tradimento del Paese. Dobbiamo evitare che ciò accada”.

Le realtà femministe argentine sono, nuovamente, tra i più attivi in questi giorni come lo sono state prima del ballottaggio. A maggior ragione dopo lo “show” di Milei a Davos e le sue parole che hanno definito il femminismo “nemico del suo governo“. La scorsa settimana diversi collettivi femministi si sono trovati in assemblea e hanno definito la loro partecipazione al 24 gennaio: “Comprendendo il processo di reinvenzione dello strumento di sciopero che il femminismo ha portato avanti, in particolare il modo in cui è costruito dal basso in ogni casa, in ogni quartiere e territorio, sapevamo quanto fosse importante lo sciopero generale del 24. Sappiamo che ci sono state molte differenze e frammentazioni nel movimento femminista negli ultimi anni, ma abbiamo chiaro che il potere femminista risiede nel modo in cui facciamo politica e nel modo in cui immaginiamo alternative per il futuro”. Così è stata trovata la “mediazione” per una diffusa partecipazione e promozione dello sciopero. Godoy conclude dicendo: “La gravità dell’aggressione che Milei sta portando all’intero apparato sociale, economico e patrimoniale del Paese esige risposte immediate. Credo che l’immediatezza dia la possibilità di costruire unità e confluenza. L’importante è che siamo tutti netti sul rifiuto. Ci auguriamo che a gennaio si definisca buona parte del futuro del Paese perché il Congresso dovrà respingere la legge Omnibus e dovrà respingere la DNU. Una volta raggiunti questi obiettivi, vedremo come proseguirà il discorso. La nostra risposta è appena all’inizio”.

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