Disoccupazione in calo a novembre nell’intera zona euro e in Italia. Nell’insieme dei paesi della moneta unica il tasso scende dal 6,5% al 6,4%, fissando un nuovo minimo storico, come segnala Eurostat. A livello Ue la quota dei senza lavoro è scesa sotto la soglia del 6% già raggiunta a ottobre attestandosi a quota 5,9%. In Germania i disoccupati restano stabili al 3,1%, in Francia calano al 7,3%, in Spagna diminuiscono all’11,9%. Il dato italiano segna 7,5%, dal 7,7% di ottobre. L’Istat precisa inoltre che il tasso di occupazione (persone con un impiego sul totale della popolazione in età lavoratore, ndr) è rimasto stabile al 61,8%. Sale, viceversa, il tasso di inattività (quota di persone che non hanno e non cercano un lavoro) che raggiunge il 33,1% (+ 0,1 punti). La disoccupazione giovanile scende al 21% dal 23,5%.

Attualmente in Italia lavorano 23 milioni e 743mila persone, 520mila in più di un anno fa. L’incremento è la sintesi di un aumento dei 551mila “posti fissi” e di 26 mila autonomi, mentre i dipendenti a termini sono diminuiti di 57mila unità, che corrispondono a un incremento di 551 mila dipendenti permanenti e 26 mila autonomi mentre il numero dei dipendenti a termine è inferiore di 57 mila unità. Rispetto allo scorso ottobre i posti aggiuntivi sono invece 30mila, tutti dipendenti. Quest’ultimo aumento riguarda pressoché esclusivamente le donne, le occupate sono ora 10 milioni e 49mila, numero più alto di sempre.

Come evidenzia su X l’esperto di mercato del lavoro Francesco Seghezzi, difficile decifrare le esatte dinamiche che stanno alla base di questi dati nel complesso positivi. Non tutto ciò che luccia potrebbe essere oro.

“Un mercato del lavoro tonico anche nella parte finale del 2023 conferma come la nostra economia sia stata in grado di attraversare, senza troppe conseguenze negative, un periodo molto complicato facendo ben sperare per il futuro prossimo: il 2024 potrebbe essere infatti un altro anno di crescita, seppure non brillante“, commenta l’Ufficio Studi Confcommercio. Da notare come una fase di discesa dell’inflazione si accompagni a una crescita dell’occupazione, non esattamente quanto previsto dalle teorie economiche ortodosse.

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