È scontro al liceo Morgagni di Roma per la sospensione della sperimentazione senza voti della sezione G. A schierarsi contro gli insegnanti (il 50% più uno) che in collegio docenti hanno votato contro l’iniziativa, ideata da Enzo Arte, professore di matematica e fisica del liceo, ora sono i genitori. Mamme e papà si sono stancati di stare zitti e di fronte alla lettera di cinquanta professori a difesa del voto numerico hanno deciso di scendere in campo. “Abbiamo appreso, ci spiegano alcuni di loro che fanno parte anche del consiglio d’istituto, della chiusura del progetto dai corridoi, e dopo qualche giorno di amarezza e stupore, abbiamo chiesto un incontro alla dirigente in qualità di genitori delle studentesse e degli studenti della sezione delle relazioni e delle responsabilità, quello che è stata semplificata in modello finlandese. Solo grazie a questo colloquio abbiamo saputo di alcune criticità della sezione, mai segnalate dai diretti interessati, cioè studentesse, studenti e genitori, oltretutto venendo meno ad un patto che siamo stati chiamati a sottoscrivere, un patto appunto di co-responsabilità tra famiglie, studenti e scuola, in cui i tre soggetti, insieme, affrontano un percorso didattico e di crescita”.

Le famiglie attraverso il nostro giornale interrogano i professori e la preside Patrizia Chelini (che contattata da Ilfattoquotidiano.it non ha voluto parlare): “Perché nessuno ci ha mai detto prima di queste criticità? Perché nessuno ha mai chiesto a studentesse e studenti, o alle famiglie, se fossero soddisfatti del progetto, e la decisione è stata presa senza alcun coinvolgimento, e senza neanche fornire una spiegazione ufficiale pubblica”. Non solo. Mamme e papà sono davvero infuriati e ritengono di essere stati messi a tacere, ingiustamente, dal collegio docenti: “In questo processo poi, quasi la metà dei docenti si è espressa a favore della prosecuzione del progetto, che è stato invece interrotto per una maggioranza ottenuta con un solo voto di scarto. Sarebbe importante invece che ci fosse una nuova riflessione del collegio per due motivi. Anzitutto questa spaccatura non fa bene in primis al corpo docente, sia per l’atmosfera interna all’Istituto che per l’immagine che viene restituita all’esterno; in secondo luogo, proprio perché il liceo Morgagni ha una offerta didattica che va oltre questo progetto, non capiamo perché diminuirla. In un momento molto delicato come questo, sottolineato continuamente da fatti di cronaca e ricerche sociali e scientifiche, infatti, la classe delle responsabilità ha un approccio di accoglienza e inclusione che risponde proprio alla crescente esigenza degli adolescenti non solo del nostro quartiere, ma italiani”.

Intanto, cinquanta docenti hanno pubblicato sul sito della scuola una missiva in cui difendono a spada tratta la loro scelta: “Crediamo nella valutazione numerica perché le tappe di un cammino sono segnate da numeri che indicano i chilometri fatti e quelli ancora da fare, e spesso aiutano gli alunni a capire in che modo costruire il proprio percorso di consapevolezza e di acquisizione di competenze e di saperi. Perché questa parola fa tanta paura? Perché la scuola dovrebbe diventare solo il luogo in cui bisogna dare pochi compiti ed evitare lo stress, anziché essere un laboratorio in cui imparare ad orientarsi nella vita ed alimentare una cultura alternativa a quella che ci vuole imporre la società di massa?”. Parole che non sono state apprezzate dai genitori: “Nella lettera, anonima, non c’è alcuna motivazione relativa alla chiusura della sezione. Perché?”.

A metterci la faccia è soprattutto Claudia Arletti, rappresentante dei genitori in consiglio d’istituto fino allo scorso anno scolastico quando suo figlio ha terminato il corso proprio frequentando cinque anni della famosa sezione G. È lei a ricostruire la storia di questa sperimentazione: “All’inizio si entrava per sorteggio poi si è aperta la possibilità di frequentare quella classe solo su richiesta. Da quel momento tante famiglie che non cercavano una scuola performante ma accogliente, hanno scelto la sperimentazione. Ciò ha comportato che in un’aula ci fossero anche sette/otto alunni con bisogni educativi speciali (Bes). La situazione a quel punto si è fatta più complicata. Ci son sempre stati docenti che non hanno mai accettato di buon grado di seguire il metodo”.

Arletti, tuttavia, era felice della decisione presa. Suo figlio a scuola aveva ottimi risultati alle medie ma la decisione di andare nella G è stata “politica” come spiega al FattoQuotidiano.it: “Non volevo una scuola Ottocentesca dove venissero calcolati al millesimo i risultati. Ora hanno decretato la morte di una sperimentazione senza mai avviare un confronto con genitori e studenti. Diciamo la verità: al Morgagni c’è da tempo un clima molto confuso, di attriti, di scontri sotterranei. Molti docenti sono convinti che “i genitori devono stare al loro posto”, ci veniva detto chiaramente in Consiglio d’Istituto. Dovevamo ricordare loro i decreti delegati che prevedono la nostra partecipazione. Ora spero in una mobilitazione dei ragazzi e delle famiglie”.

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