L’uomo è per natura un animale politico, scriveva Aristotele mettendo in risalto il fisiologico istinto comunitario che caratterizza l’essere umano. Ma l’uomo è anche un lupo per l’altro uomo, secondo la perentoria definizione che il filosofo Hobbes avrebbe consegnato alla Storia molti secoli dopo. Le due affermazioni sono entrambe vere – contrarie ma non contraddittorie – eppure nella nostra epoca sembra prevalere l’istinto di rimuovere il conflitto che ha sempre animato i rapporti umani. Malgrado una prestigiosa kermesse filosofica della Romagna si concentri proprio su “Homo homini lupus. Riflessioni sull’umano” – infatti – il tempo in cui ci troviamo a vivere propone un grottesco balletto di opinioni che sembrano rimuovere dalla radice l’atavico istinto di prevaricazione e distruzione dell’Altro che alberga nella natura umana.

Si prendano le recenti guerre in Ucraina e Israele. La logica manichea del “o di qua o di là”, tipica dei social network e degli adolescenti, ci fa assistere a persone (e governi!) che ritengono di esaurire la questione issando bandiere di solidarietà sulle proprie bacheche o palazzi. Come se tutti i cattivi o i torti possano stare da una parte e la questione sia risolvibile condannando gli aggressori (Russia da una parte e Hamas dall’altra) o, peggio, proclamando un pacifismo tanto nobile nelle parole quanto irrealistico nei fatti. È sufficiente aprire un qualsiasi manuale di Storia per vedere come non vi sia stato un solo decennio della vicenda umana senza guerre sanguinose.

Hanno un bel da fare, per esempio le librerie Coop, a riempire le proprie vetrine con la frase del per altri versi benemerito Gino Strada: “Se la guerra non viene buttata fuori dalla storia dagli uomini, sarà la guerra a buttare fuori gli uomini dalla storia”. Come se l’uomo e la guerra fossero due entità distinte, e non la seconda un istinto atavico che abita l’uomo alla stessa maniera del sesso, della competizione e della corruzione.

A proposito di quest’ultima, per esempio, sarebbe utile considerare che essa è preponderante in tutti i soggetti protagonisti delle due guerre di cui sopra: è corrotto economicamente il regime di Putin quanto l’Ucraina di Zelensky (stando al Corruption perception index del 2022). Ma lo sono anche l’Anp un tempo di Arafat e oggi di Abu Mazen, per non parlare del premier israeliano Netanyahu, che a detta del Jerusalem Post aveva appoggiato i finanziamenti ad Hamas per dividerla dall’Anp, e che sicuramente trae beneficio indiretto dalla guerra nella misura in cui questa distrae l’opinione pubblica dai processi in cui è imputato proprio per corruzione.

Segui i soldi e troverai la mafia, secondo una formula attribuita al magistrato italiano Giovanni Falcone. Basterebbe osservare questa nota di saggezza per comprendere che torti e ragioni, allo stesso modo di atrocità e umanità, non abitano in senso assoluto in una fazione o nell’altra (Russia o Ucraina, Palestina o Israele), perché il principio dell’uomo che è lupo per l’altro uomo ci riguarda tutti in quanto singoli, mentre sono soltanto le circostanze spesso accidentali o il contesto storico-sociale a inserirci tutti dalla parte dei lupi o delle pecore. Ma no, un’epoca come la nostra impregnata di banalità richiede forme di pensiero altrettanto banali.

Vale per la guerra come per gli stupri, per cui sembra diventato insensato o perfino complice dello stupratore perfino avvertire le ragazze che è pericoloso sballarsi del tutto in contesti in cui può nascondersi il lupo bastardo. Ma anche per la scuola, in cui da sempre più parti si parla della necessità di abolire gerarchie di merito e voti, come se la vita stessa non fosse anche un agone in cui siamo costantemente sottoposti a competizioni, esami e perfino voti.

Bisognerebbe smetterla con l’idea sciagurata di voler imporre – e insegnare ai ragazzi – il mondo utopico che alberga nelle nostre teste, perché è dovere di adulti e docenti formarli e prepararli al mondo reale. Che purtroppo è impregnato anche di quella logica terribile che risponde alla formula di “homo homini lupus”. Fare finta di non vederla prepara soltanto a finirci dentro con mani e piedi.

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