Tra i banchi arriveranno anche gli imprenditori e i dirigenti d’azienda. L’idea è del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara che con il Disegno di Legge di riforma dell’istruzione tecnico-professionale, punta a “una formazione altamente qualificata e che sia in raccordo con il mondo produttivo, con un rafforzamento delle competenze di base ma anche di quelle a maggiore caratura tecnica e professionale”. Il messaggio è arrivato in occasione della 38esima edizione del convegno dei giovani imprenditori di Confindustria a Capri. Non è la prima volta che il professore leghista insiste su questo concetto, ma mai prima d’ora era stato così esplicito: “Realizzeremo in via sperimentale una filiera unica con gli Its, secondo il modello del 4+2”. Una proposta che trova il muro delle organizzazioni sindacali, in primis la Uil Scuola. Giuseppe D’Aprile, segretario nazionale di quest’ultima, non ha peli sulla lingua: “Sin dall’inizio, siamo stati fortemente contrari per la commistione che rischia di crearsi tra scuola e mercato; bisognerebbe evitare l’introduzione di un meccanismo competitivo e concorrenziale regolato e condizionato dal mercato per aumentarne l’efficienza. La scuola non deve piegarsi a queste logiche; ha bisogno di ragazzi con una salda articolata cultura di base che conoscano i concetti fondamentali di ogni disciplina”.

Una filosofia opposta a quella del professore di diritto romano che in Campania ha detto: “Non dimentichiamo che il nostro è il secondo Paese manifatturiero in Europa: l’obiettivo è fornire, entro il 2027, almeno 508mila addetti per settori come quelli della meccatronica e dell’informatica. Confindustria ha stimato che il 48% di questi è di difficile reperimento; abbiamo il dovere di trasformare queste cifre allarmanti in una grande opportunità per i giovani”. Non solo. D’Aprile ha seri dubbi anche in merito al reclutamento di imprenditori e dirigenti: “È prevista l’introduzione nel sistema di istruzione secondaria di secondo grado di nuove figure di docenti senza schemi e regole chiare e trasparenti. Non è possibile che per tutti gli altri docenti siano previsti percorsi di formazione/valutazione che si allungano sempre di più (24,30,60 Cfu) mentre per gli insegnanti provenienti dall’industria bastano solo le esperienze lavorative. La qualità della scuola, che elargisce conoscenze, passa anche dalla professionalità dei professori. C’è un tempo per studiare e un tempo per lavorare”.

Una posizione dura nei confronti del progetto dell’inquilino di viale Trastevere. Più cauta ma pur sempre critica Ivana Barbacci, la segretaria della Cisl Scuola nazionale: “La sperimentazione del nuovo percorso di studi, consistente nella riduzione da cinque a quattro anni del percorso necessario per conseguire il diploma di maturità, non sarà una riforma ordinamentale ma un’innovazione applicabile da parte delle scuole che volontariamente aderiranno, in una prospettiva di continuità con la filiera dell’istruzione tecnica superiore (Its), di durata biennale. Bisognerà provare sul campo l’efficacia di una riforma del segmento professionale che, ad oggi, non ha raggiunto gran parte degli obiettivi prefissati, come attesta il calo costante delle iscrizioni. La proposta illustrata dal ministero, che prevede uno stretto collegamento col territorio e il tessuto produttivo di riferimento, non avrà ripercussioni sulle dotazioni organiche, in linea con l’impegno a suo tempo assunto dal ministro di confermarne, senza alcuna riduzione, l’attuale consistenza”.

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