di Antonio Andolfi

Alla manifestazione di Roma del 7 ottobre della Cgil “La via maestra” c’è un’enorme valanga umana dipinta di rosso e coi colori della pace. La slavina ha invaso una parte della città con tanti romani che sorridono rimanendo increduli, non più abituati a una tale quantità di gente sulle strade. Le migliaia di partecipanti s’incamminano verso San Giovanni con striscioni, bandiere, cartelli, canzoni, rullando tamburi. Si balla e ci si affatica sotto il sole che manda fuoco ai dimostranti. Vi sono i definiti “contestatori e sovversivi” dall’attuale governo, quelli presenti davanti alla nave Diciotti a protestare. Ora sono rossi per il sole cocente, ma sono contenti.

Veniteci a schedare” – grida uno di loro alle forze dell’ordine. Molti dicono: “Abbiamo manifestato dagli anni ’70, eravamo giovani e pieni d’idee. Ora ci troviamo ancora a reclamare diritti essenziali. Quante volte devono resuscitare quei partigiani, che combatterono per questo e darli a un popolo che chiedeva la fine della dittatura fascista”. “È vero – ribatte un compagno vicino – sembra che nulla sia successo, al governo sono presenti nuovi fascisti, con gli illiberali berlusconiani e coloro che continuano nel volere spaccare egoisticamente la nazione tra ricchi e poveri”. Una donna alla domanda del perché è presente per la prima volta in una manifestazione dichiara: “Vorrei avere la signora Meloni davanti per rispondere alle sue affermazioni dell’essere donna e mamma come tante di noi, le direi che voglio solo un giusto e onesto lavoro per mantenere i miei figli, non penso ai tanti che lei prende”. Informa un altro partecipante: “Provo un odio viscerale per questo governo e non perché sono di sinistra, ma per quello che sta compiendo. Attacca la sanità, pone un fisco a favore dei ricchi, vuole l’attuazione dell’autonomia differenziata, l’invio di armi in Ucraina a danno di noi sempre più poveri del sud. Sono venuto in treno, un viaggio di oltre dodici ore e non ho trovato differenza con quelli di 30 anni fa. Invece alla stazione ho visto l’alta velocità e gli altri treni sono nuovi e moderni”.

Una ragazza dà una risposta secca per la sua presenza: “Ho voglia di lottare per quello che vedo e subisco. Sono una lavoratrice precaria, non ho prospettive per una pensione decente. Ho superato i 40 anni con pochi di lavoro e contributi. Andrò avanti da precaria sperando di non perderlo questo lavoro”. Una ragazza del sud confessa: “oggi la prospettiva di vita dei giovani nel sud è d’andare via alla ricerca di un lavoro stabile, qua è impossibile”. Si avvicina un veterano di queste manifestazioni ora pensionato: “Questa giornata per noi reduci dice tanto. A quei tempi il sindacato lo chiamavamo movimento sindacale e milioni di lavoratori lo seguivano. Ora ho i piedi gonfi e la schiena a pezzi, ma la mente rimane giovane con l’anima in lotta a recuperare quell’unità perduta. Ma io anche se stanco rimango in trincea. Si vede che morirò combattendo”.

Arrivano le prime news: si va riempiendo la piazza che può contenere 250mila persone, ma la questura ne dichiara 35mila. Landini ha iniziato dicendosi commosso e felice per tanta gente venuta e tanta che voleva venire. “Sono emozionato perché vi sono ancora partecipanti che non riescono a entrare nella piazza quasi piena”. Le sue parole sono imperniate su unità e solidarietà. Afferma che il popolo convenuto in piazza è la rappresentanza di chi tiene in piedi questo Paese e deve essere ascoltato. Pronuncia uno storico militante della Cgil: “Questo sindacato è ancora capace di fare ricorso a una risorsa profonda, mai scomparsa, è quella di noi militanti ex operai che amiamo ancora questo sindacato regalandogli giornate di volontariato e infiammandoci al sentire di lotta, democrazia, costituzione, lavoro, pace”. Infine una tuta blu interviene: “Dopo questa grande manifestazione bisogna da subito continuare sui territori e posti di lavoro, perché non dovrà essere un volo di farfalla, ma una rondine che porta primavera”.

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