Un attacco inatteso e micidiale che ha colto alla sprovvista l’intera struttura militare di Israele. Una beffa servita sotto il naso di Mossad e Shin Bet. Insomma quella che viene considerata una delle migliori intelligence del mondo ed è invece capitolata in un flop clamoroso orchestrato da Hamas. Così nello Stato ebraico, non sono pochi i commentatori e gli esperti militari a parlare apertamente di una Pearl Harbor israeliana, o comunque di una riedizione di quanto accadde il 6 ottobre del 1973 – esattamente 50 anni fa – nella guerra di Yom Kippur, quando gli egiziani dal sud e i siriani dal nord irruppero senza preavviso gettando il Paese nel caos per la totale impreparazione delle forze di difesa.

Israele si è concentrata per anni a distruggere i tunnel sotterranei che dalla Striscia di Gaza sbucavano oltreconfine, ma questa volta i miliziani sono penetrati da terra, cielo e mare, beffando con facilità irrisoria il confine più controllato al mondo, dotato di barriere ad alta tecnologia e sorveglianza aerea per 24 ore su 24. I terroristi hanno seminato il terrore nei kibbutz di confine: la presa di ostaggi e l’enorme numero di vittime dimostrano quanto poco gli israeliani si aspettassero tutto questo. L’intelligence sul terreno è apparsa più che deficitaria e le relazioni con i servizi dell’Anp di Abu Mazen, un tempo cruciali data la comune ostilità verso Hamas, appaiono evidentemente azzerate da governi come quello attuale guidato da Bibi Netanyahu e non solo.

Nonostante la totale assenza di qualsiasi allarme, è sicuro che Hamas abbia programmato per mesi l’attacco e in tutto questo tempo Israele, ha scritto su Haaretz Amos Harel, grande esperto di difesa, “ha dibattuto sull’opportunità di aumentare il numero di lavoratori di Gaza a cui consentire” l’ingresso nello Stato ebraico. Senza dimenticare l’euforia per l’imminente accordo sulla normalizzazione con l’Arabia Saudita mediato dagli Usa. “Il catastrofico risultato, 50 anni e un giorno dopo la guerra di Kippur, è stato l’enorme buco del sistema di difesa”, ha sintetizzato l’analista.

Ma quali sono le cause? Molti indicano la complessa situazione politica che Israele sta vivendo da 8 mesi, con la riforma giudiziaria voluta dal governo di destra da Netanyahu che ha spaccato il Paese con manifestazioni e provocato una sorta di paralisi istituzionale: basti pensare ai tantissimi riservisti dell’esercito pronti a non presentarsi al richiamo in nome della difesa della democrazia e della Corte Suprema, minacciate a loro giudizio da quella riforma. Uno scollamento su cui lo stesso capo di Stato maggiore Herzi Halevi aveva più volte messo in guardia il governo e i politici, ammonendoli sulle possibili conseguenze.

“È un giorno molto duro questo 7 ottobre”, ha denunciato l’ex capo del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano Giora Eiland. “La confusione – ha aggiunto – è prevalsa per ore”, mentre i terroristi sono riusciti ad occupare con un blitz decine tra kibbutz e moshavim e sono entrati pure a Sderot, che è già un centro urbano. Le operazioni di liberazione dei luoghi dove ci sono ancora nuclei di miliziani a tarda sera non erano ancora completate e richiederanno altro tempo. Una debacle che difficilmente Israele dimenticherà.

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