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Via d’Amelio, l’Antimafia ascolterà anche Salvatore Borsellino. Il fratello del giudice: “Colosimo mi convocherà a breve”

Via d’Amelio, l’Antimafia ascolterà anche Salvatore Borsellino. Il fratello del giudice: “Colosimo mi convocherà a breve”
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La commissione Antimafia ascolterà anche Salvatore Borsellino e il suo avvocato, Fabio Repici. Lo fa sapere il fratello del magistrato ucciso in via d’Amelio, nel giorno in cui San Macuto ascolta Lucia Borsellino e il marito, l’avvocato Fabio Trizzino. “Sono stato invitato dalla presidente Colosimo in persona a partecipare a una convocazione alla commissione Antimafia, ma ho problemi di salute. Ho detto che non mi potevo spostare e quindi avevo rinunciato. Poi però è arrivata da parte del mio avvocato una sollecitazione ad accettare un’eventuale convocazione e allora l’ho comunicato alla stessa Colosimo che mi ha assicurato che a breve sarò convocato anche io insieme al mio avvocato”, ha detto il fondatore del movimento delle Agende rosse.

A chiedere l’audizione di Salvatore Borsellino e dell’avvocato Repici – come ha scritto Il Fatto Quotidiano – era stato il Movimento 5 stelle, contestando la decisione di Chiara Colosimo di ascoltare solo Lucia Borsellino e il marito, che da avvocato rappresenta anche gli altri figli del giudice ucciso in via d’Amelio. La questione è complessa: da tempo i familiari del magistrato assassinato il 19 luglio 1992 hanno posizioni molto diverse sui moventi coperti di via D’Amelio. Secondo Trizzino, rappresentante dei figli di Borsellino, la traccia da seguire è quella di “mafia e appalti”, cioè il dossier del Ros sui legami tra Cosa nostra e forze politico-imprenditoriali. Pista storicamente sostenuta dalla coalizione di Colosimo: per la destra, infatti, l’eliminazione del giudice è da collegare al suo interesse per “mafia e appalti” e non invece – come sostiene Salvatore Borsellino – agli elementi che il magistrato aveva raccolto sulla ‘pista nera’ dietro alla strage di Capaci. E neanche a quanto sostenuto da alcune inchieste poi archiviate: collegavano via D’Amelio a informazioni che il magistrato poteva aver avuto sui legami esistenti tra l’entourage di Silvio Berlusconi e Cosa Nostra.

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