Mentre Parigi prepara nuove “unità mobili” di gendarmi e poliziotti da mandare al confine con l’Italia, la Corte di giustizia dell’Unione europea boccia i respingimenti dei migranti da parte della Francia alle frontiere interne. La sentenza arriva proprio nel momento in cui, visto l’aumento del flusso migratorio a Lampedusa, il governo Meloni invoca l’aiuto dell’Europa, ma nasce dal ricorso di diverse associazioni francesi: i giudici di Lussemburgo evidenziano che “la direttiva Ue ‘rimpatri’ va sempre applicata, anche nel caso di controlli ai confini interni” ripristinati temporaneamente da uno Stato membro. I migranti irregolari, evidenzia la Corte Ue, devono pertanto poter “beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio. L’allontanamento forzato avviene solo in ultima istanza”.

E’ solo di un mese fa l’intervento di alcuni gendarmi francesi a bordo di un treno Ventimiglia-Cuneo che fece molto discutere. Alla stazione di Breil chiesero a una famiglia ivoriania di scendere dal treno per via dei documenti non in regola. Le grida disperate della donna (incinta) e il pianto del bambino di un anno non hanno fermato gli agenti che hanno portato a termine l’intervento. Una scena non nuova al confine italo-francese: come ha raccontato un team di Medici Senza Frontiere, per centinaia di adulti e bambini in transito a Ventimiglia è impossibile attraversare la frontiera. Sono spesso persone in condizioni estremamente vulnerabili che, dopo essere fuggite dal proprio paese e aver affrontato viaggi pericolosi, si trovano bloccate e respinte sistematicamente dalla polizia francese, esposte a violenze e abusi. In questo limbo, vivono sul territorio italiano in condizioni drammatiche e senza accesso ai servizi di base.

I togati di Lussemburgo spiegano invece che nel caso in cui un Paese membro decida di ripristinare temporaneamente i controlli alle frontiere interne, come fatto dalla Francia, un governo nazionale può sì adottare un provvedimento di respingimento “sulla sola base del codice di Schengen“, ma “ai fini dell’allontanamento” dei migranti irregolari è comunque tenuto a rispettare “le norme e le procedure comuni previste dalla direttiva ‘rimpatri'”. La direttiva comunitaria in questione, spiega la Corte Ue, “si applica a qualunque cittadino di un Paese terzo che sia entrato nel territorio di uno Stato membro senza soddisfare le condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza”, e vale anche qualora un migrante “sia entrato” in detto territorio nazionale “ancor prima di aver attraversato un valico di frontiera in cui i controlli vengono effettuati”.

D’altra parte, continuano i giudici “solo eccezionalmente la direttiva ‘rimpatri’ consente agli Stati membri di escludere i cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare” e, precisano ancora, “se è vero che ciò avviene in particolare quando” i migranti “sono sottoposti a una decisione di respingimento ad una frontiera esterna di uno Stato membro, lo stesso non vale quando sono sottoposti a una decisione di respingimento ad una frontiera interna di uno Stato membro, anche qualora siano stati ripristinati i controlli”. Quindi come nel caso di Ventimiglia. La Corte Ue ricorda infine che, stando alla direttiva rimpatri, i Paesi membri “possono trattenere un cittadino di un Paese terzo, in attesa del suo allontanamento, in particolare qualora costituisca una minaccia per l’ordine pubblico” e che possono punire “con la reclusione la perpetrazione di reati diversi” dalla sola circostanza “dell’ingresso irregolare”.

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