Una nuova bocciatura del superbonus, senza citare gli errori di calcolo e le attese per le decisioni di Eurostat. È ancora Giancarlo Giorgetti a criticare la misura che ha permesso di sostenere l’economia in tempi di pandemia parlando di “mal di pancia” provocato dalla misura bandiera varata durante il Covid, quindi prolungata dal governo Draghi – di cui la Lega era parte – prima della stretta a tappe: “A pensare al superbonus mi viene mal di pancia, ha effetti negativi sui conti pubblici, ingessa la politica economica, non lasciando margine ad altri interventi”, ha detto il ministro dell’Economia alle prese con la legge di Bilancio da impostare tra mille difficoltà, scarsità di risorse e promesse elettorali da mantenere visto che si tratta della prima manovra sulla quale il governo Meloni avrà totalmente voce in capitolo.

La guerra in Ucraina, era stato il preambolo di Giorgetti, “ha già un perdente certo: è lo stato dell’economia europea, tanto che l’esecrato intervento dello Stato è tornato di moda”, aveva sottolineato alludendo al superbonus. La misura voluta dal governo Conte era invece stata difesa dal presidente del Movimento Cinque Stelle, sempre dal palco del Forum Ambrosetti a Cernobbio. “Si può trovare il capro espiatorio nel Superbonus, ma la Guardia di finanza ha certificato che le truffe sono stato lo 0,5% rispetto all’ammontare dei crediti”, ha sostenuto prima di sottolineare che tra “effetti diretti, indiretti e indotti, se c’è un debito buono – e quando ne parlò Draghi prese gli applausi – quello è stato il Superbonus, che ha generato nell’edilizia e nell’indotto un milione di posti di lavoro, un risparmio in bolletta di 900 euro, tonnellate di Co2 in meno e rigenerazione urbana, come dice l’Europa”.

La realtà è che la questione legata ai bonus edilizi è prettamente contabile e il governo ha capito che gli interventi decisi sei mesi fa per ridurre l’impatto sui conti pubblici non stanno portando nemmeno lontanamente i risultati sperati. L’Eurostat non si è ancora pronunciato sulla possibilità di modificare la classificazione dei nuovi crediti e spalmarli sull’indebitamento dei prossimi anni, quindi al momento vengono registrati come spese. Così i calcoli fatti a febbraio sono sballati e questo renderà più difficile del previsto il percorso della manovra. Di qui i timori di Meloni e Giorgetti, tornati a tirare in ballo anche le truffe, da cui peraltro il 110% è stato peraltro quasi immune.

Quindi ha messo le mani avanti parlando di una manovra “prudente” che “tenga conto delle regole fondamentali della finanza pubblica”. Però – ha precisato – “per quanto riguarda il Superbonus dei 100 miliardi di cui si parla, ricordo che questo governo ne ha pagati 20, ma altri 80 rimangono da pagare. La cena l’hanno già mangiata tutti e noi siamo pagati a pagare il conto. Cosa che ricadrà sul Patto di stabilità” nel triennio che va dal 2024 al 2026. La legge di bilancio, ha quindi garantito, “obbedirà al proposito di limitare le rendite che non possiamo più permetterci e premiare chi lavora e crea nuova ricchezza effettiva, soprattutto guardando in prospettiva alla principale fonte di produzione di ricchezza: i figli”.

Il ministro dell’Economia ha invece difeso la decisione – improvvisa, presa in piena estate – di tassare i profitti delle banche: “Ho visto che ci avete promosso su tutto ma non sulla tassazione ai profitti delle banche”. Giorgetti ha difeso il provvedimento, con alcune riserve: “Può darsi che l’imposta sia stata inopportuna, sicuramente può essere migliorata, sicuramente è stata comunicata male ma non accetto che sia definita ingiusta. È un imposta pro-futuro e sono sicuro che nella sua versione definitiva diventerà qualcosa che tutti quanti potranno apprezzare”.

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