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La Corrente Atlantica verso la fine, con effetti disastrosi in Europa e non solo. Lo studio: “Il collasso tra il 2025 e il 2095”

La Corrente Atlantica verso la fine, con effetti disastrosi in Europa e non solo. Lo studio: “Il collasso tra il 2025 e il 2095”
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Le immissioni di gas serra potrebbero porre fine ad una corrente oceanica che è esistita ininterrottamente per 12mila anni. Uno scenario che suona anche più preoccupante se poi si aggiunge che l’ultima volta che questa corrente si è interrotta è stato in concomitanza con l’ultima Era glaciale, circa 14mila anni fa. Si tratta della Corrente Atlantica, in inglese indicata con l’acronimo di Amoc (Atlantic Meridional Overturning Circulation), fa parte della più grande Corrente del Golfo e ha un effetto fondamentale sulla distribuzione del calore e delle precipitazioni in Europa, che deve il suo clima complessivamente mite proprio a questa corrente. Nel Vecchio Continente il collasso dell’Amoc decreterebbe temperature molto più rigide nonostante la macrotendenza vada nel senso di un riscaldamento globale; in Nord America farebbe aumentare il livello del mare; in India, Sud America e Africa occidentale sancirebbe la fine delle piogge da cui dipende la sussistenza alimentare di milioni di persone.

Amoc, infatti, trasporta acqua calda in Europa, ma l’immissione in atmosfera di pesanti quantità di gas serra, insieme allo scioglimento accelerato della calotta glaciale della Groenlandia e di altre fonti, sta modificando le dinamiche marine legate in modo diretto alla temperatura delle acque superficiali e di quelle profonde e alla concentrazione salina. Secondo un nuovo studio svolto dal fisico e climatologo Peter Ditlevsen e dalla matematica Susanne Ditlevsen, pubblicato sulla rivista Nature Communications, la corrente in questione potrebbe collassare tra il 2025 e il 2095, con una stima centrale collocata intorno al 2050.

Il Panel intergovernativo dell’Onu sul cambiamento climatico non pone tra le sue previsioni interruzioni totali o improvvisi di Amoc, ma, secondo quanto dichiarato da Divlitsen: “I modelli utilizzati dal panel hanno una risoluzione grossolana e non sono abili nell’analizzare i processi non lineari coinvolti, il che potrebbe renderli eccessivamente conservativi.” “Penso che dovremmo essere molto preoccupati. Questo sarebbe un cambiamento molto, molto grande. L’Amoc non è stato spento per 12.000 anni”, ha ricordato il fisico dell’Università di Copenaghen. “C’è ancora grande incertezza su dove sia il punto di svolta di Amoc, ma il nuovo studio aggiunge prove che è molto più vicino di quanto pensassimo. Un singolo studio fornisce prove limitate, ma quando più approcci hanno portato a conclusioni simili questo deve essere preso molto sul serio, specialmente quando stiamo parlando di un rischio che vogliamo davvero escludere con certezza del 99,9% – ha dichiarato il professor Stefan Rahmstorf, dell’Università di Potsdam, Germania – “ora non possiamo nemmeno escludere di attraversare il punto di svolta nei prossimi dieci o due anni“.

Lo studio

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