La nomina del procuratore capo di Firenze diventa il primo scandalo politico del nuovo Consiglio superiore della magistratura. Filippo Spiezia, sessant’anni, membro italiano e vicepresidente di Eurojust (l’agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria) ha ottenuto l’incarico contro Ettore Squillace Greco, 66 anni, attuale procuratore capo di Livorno. Ma l’esito in plenum in realtà è stato di 15 a 15: per far prevalere Spiezia, voluto a tutti i costi da Matteo Renzi e dal centrodestra, è stata decisiva la mossa anti-istituzionale del vicepresidente dell’organo, l’avvocato leghista Fabio Pinelli, che contro ogni aspettativa ha partecipato al voto e si è espresso in suo favore, ignorando la prassi e le gigantesche ragioni di opportunità. Pinelli, infatti, assisteva Alberto Bianchi, già presidente della fondazione Open, nel processo sulla cassaforte renziana in corso a Firenze per finanziamento illecito e corruzione. Ma non basta: è lui il legale che ha materialmente presentato alla Consulta il conflitto di attribuzione contro la Procura fiorentina sollevato dal Senato nell’ambito di quello stesso processo, sostenendo che i sequestri dei pm violassero le prerogative costituzionali di Renzi. Ecco cosa scriveva l’ex premier al momento della sua elezione al vertice di palazzo dei Marescialli: “Un augurio di buon lavoro al vicepresidente Fabio Pinelli, era qua (in tribunale, ndr) nell’ultima udienza nel collegio difensivo di Alberto Bianchi. È un bravissimo avvocato. Adesso è vicepresidente del Csm, una delle più alte cariche dello Stato e noi gli facciamo tanti auguri“.

Finora, in tutte le occasioni in cui aveva partecipato a una votazione (sempre per non far mancare il numero legale) il vicepresidente leghista si era astenuto, giustificando la scelta proprio con la prassi istituzionale: se avesse fatto lo stesso in questa occasione, Squillace sarebbe passato per maggiore anzianità. Il suo voto, invece, per regolamento a parità di consensi vale doppio. Va in porto così il piano di Ernesto Carbone, emissario renziano al Csm, e dei consiglieri laici di centrodestra di nominare un “papa straniero, cioè un magistrato il più distante possibile dal procuratore uscente Giuseppe Creazzo e dai suoi aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli, titolari delle due delicatissime inchieste “politiche” aperte negli ultimi anni nel capoluogo toscano: quella su Open, in cui sono a processo Renzi e il “Giglio magico”, e quella sulle stragi di mafia del 1993 in cui era indagato Silvio Berlusconi e lo è ancora Marcello Dell’Utri. Riassumendo: l’ex avvocato di un coimputato del leader di Italia viva, indicato dalla maggioranza di cui fa parte Forza Italia, abdica al suo ruolo di garante ed esprime il voto decisivo per nominare il capo dei pm di Firenze, che accusano il leader di Italia viva e i fondatori di Forza Italia. E casualmente sceglie il candidato gradito a Italia viva e a Forza Italia, nominato a Eurojust nel 2015 proprio dal governo Renzi.

Per Spiezia, oltre a Pinelli e Carbone, hanno votato i sette togati conservatori di Magistratura indipendente, i sei laici di centrodestra e il procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato, membro di diritto dell’organo. Per Squillace, invece, si sono espressi i sette togati progressisti di Area e Magistratura democratica, gli indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda, e anche i quattro “moderati” di Unicost, rimasti in bilico fino all’ultimo; tra i laici, Roberto Romboli (Pd) e Michele Papa (M5s). Astenuti Dario Scaletta di Mi e la prima presidente della Cassazione Margherita Cassano (anche lei membro di diritto) che però, intervenendo in plenum, ha espresso parole di stima per il capo dei pm di Livorno. Squillace, 63 anni, appartiene alla magistratura progressista (è iscritto sia a Md che ad Area) e ha una lunga esperienza nella lotta alla ‘ndrangheta, avendo iniziato la carriera in Calabria e in particolare alla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio. Prima di trasferirsi a Livorno nel 2015, era stato già in servizio a Firenze per quasi dieci anni, sempre come sostituto procuratore alla Dda, lavorando a stretto contatto con Turco. La sua scelta avrebbe garantito il massimo della continuità con gli attuali vertici della Procura e per questo era particolarmente invisa a destre e renziani.

A differenza di Spiezia – che arriva direttamente da un incarico fuori ruolo – Squillace peraltro poteva vantare esperienza direttiva, cioè un mandato pregresso da procuratore capo, requisito privilegiato dal Testo unico sulla dirigenza giudiziaria, la circolare dal Csm che fa da “vademecum” per le nomine. Una circostanza che più consiglieri hanno ricordato inutilmente durante il dibattito. “Abbiamo un’unica norma che costituisce un vincolo feroce nei confronti del Consiglio, e anche da questa ci siamo emancipati, a riprova del fatto che la nostra cosiddetta discrezionalità tecnica spalanca in realtà praterie di arbitrio, alimentando una spirale di carrierismo senza freni. Abbiamo sacrificato l’uguaglianza dei magistrati e la loro pari dignità”, attacca Andrea Mirenda, unico togato eletto senza l’appoggio delle correnti. Il gruppo di Area, invece, in un comunicato definisce la nomina di Spiezia “una scelta di centrodestra”: “L’esito della votazione ha acquisito una netta portata politica a causa della scelta del vicepresidente di rompere la prassi di astensione; scelta sorprendente che disattende la linea finora tenuta e che Pinelli ha giustificato con la “importanza” della nomina. Forse avrebbe fatto bene almeno a chiarire il significato che ha per lui questo sostantivo“, scrivono i consiglieri.

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