Saranno quattro voti a decidere se Matteo Renzi avrà il suo “papa straniero” alla guida della Procura di Firenze. Quelli di Unità per la Costituzione, la Democrazia cristiana delle correnti dei magistrati, il gruppo “moderato” di cui per anni è stato frontman Luca Palamara, ex pm radiato dopo lo scandalo nomine. Proprio come i vecchi Dc, i togati di Unicost (così chiamati in gergo) sono specialisti della politica dei due forni: si alleano indifferentemente con la sinistra giudiziaria di Area e Magistratura democratica (Md) o con i conservatori di Magistratura indipendente (Mi), risultando spesso decisivi per spostare gli equilibri. Lo saranno anche mercoledì, quando il plenum del Consiglio superiore della magistratura dovrà scegliere il nuovo capo dei pm fiorentini tra i tre nomi proposti dalla Quinta Commissione, competente sugli incarichi direttivi. La poltrona è vacante dalla scadenza di Giuseppe Creazzo (febbraio 2022). Politicamente è una pratica scottante: si tratta dell’ufficio giudiziario che negli ultimi anni ha portato a processo Renzi e il suo “Giglio magico” per il caso Open e ha riaperto il fascicolo sulle stragi del 1993 (in passato archiviato due volte) indagando Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Per questo il leader di Italia viva, tramite il suo uomo al Csm Ernesto Carbone, ha coinvolto il centrodestra in una missione: nominare un procuratore che arrivi da fuori dalla Toscana e sia il meno vicino possibile a Creazzo e ai suoi aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli, titolari delle inchieste più delicate. Con Turco, peraltro, Renzi ha ingaggiato da mesi un duello mediatico corpo a corpo, attaccandolo più volte in pubblico e denunciandolo sia in sede penale (le accuse sono state archiviate) che disciplinare.

In un primo momento sembrava che il fronte del “papa straniero” puntasse su Paolo Guido, il procuratore aggiunto di Palermo che ha coordinato le ricerche di Matteo Messina Denaro. Ma alla vigilia del voto in Quinta Commissione (competente sugli incarichi direttivi) la strategia è cambiata e il candidato è diventato Filippo Spiezia, membro italiano e vicepresidente di Eurojust (l’agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria), considerato un nome più “solido” per anzianità e curriculum, nonostante i successi investigativi di Guido. Sui sei componenti della Commissione, si sono espressi per Spiezia in tre: la presidente Maria Luisa Mazzola (Mi), la consigliera laica di FdI Daniela Bianchini e il renziano Carbone. Antonello Cosentino di Area e il togato indipendente Andrea Mirenda, invece, hanno scelto Ettore Squillace Greco, attuale procuratore di Livorno, esponente della magistratura progressista. Squillace garantisce il massimo della continuità con gli attuali vertici della Procura, avendo già lavorato a Firenze come procuratore aggiunto e capo della Direzione distrettuale antimafia: quindi è il nome più inviso ai renziani e alla destra. Rispetto ai competitor, però, è l’unico a vantare esperienza direttiva (requisito privilegiato dal Testo unico sulla dirigenza giudiziaria, la circolare del Csm che fa da “vademecum” per le nomine). C’è anche una terza proposta, quella di Rosa Volpe, per otto anni procuratrice aggiunta di Napoli: per lei ha votato soltanto Roberto D’Auria di Unicost.

Ora il plenum, composto da 33 consiglieri, dovrà esprimersi su tutti e tre i nomi: se al primo giro nessuno otterrà la maggioranza assoluta di 17 voti, si andrà al ballottaggio tra i due più votati. Spiezia può contare sul sostegno compatto dei sei laici di centrodestra (quattro di FdI, una della Lega e uno di Forza Italia), più Carbone, i sette togati di Magistratura indipendente e il procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato, membro di diritto dell’organo: totale 14 voti. Squillace parte con i sei voti di Area, quelli degli indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda, di Mimma Miele di Md e dei laici Roberto Romboli (Pd) e Michele Papa (M5s): totale 11. La prima presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano (anche lei membro di diritto) potrebbe astenersi o votare per Squillace, che da fiorentina conosce e stima, mentre non dovrebbe votare il vicepresidente Fabio Pinelli, in quota Lega. L’ago della bilancia, quindi, saranno proprio i quattro togati di Unicost (Marco Bisogni, Roberto D’Auria, Michele Forziati e Antonino Laganà), che al primo giro voteranno Volpe: se tutti si riversassero al ballottaggio su Squillace, il procuratore di Livorno raggiungerebbe la maggioranza assoluta. L’ipotesi però è considerata improbabile: all’interno del gruppo, infatti, non c’è unanimità di vedute ed è possibile che alcuni votino Squillace e altri Spiezia (che peraltro è politicamente vicino alla corrente centrista). In quel modo l’attuale membro di Eurojust otterrebbe la poltrona, ma il Consiglio si esporrebbe a un sicuro ricorso al Consiglio di Stato da parte del candidato sconfitto, che avrebbe ottime probabilità di essere accolto, innescando una nuova spirale di carte bollate. Un epilogo che nessuno desidera per una nomina così delicata.

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