Antigone riceve tante lettere dalle carceri. A volte sono richieste di aiuto, altre volte sono semplici racconti di uno spaccato di vita che tutti dovrebbero conoscere. Ne condivido stralci da un paio, particolarmente vivide nei contenuti.

Ci scrive Eric Mombello: “Hei come va?” “Bene, tutto a posto ….. tiriamo avanti!” “Novità?” “Macché”. “Il morto?” “Bo”. “Oggi?” “Alle tre c’è ‘Giustizia riparativa’: se mi fanno passare ci vado”. Sono qui vicino a voi, nella Casa Circondariale della città: da un anno vivo in questa strana dimensione che non ha nessun senso. Sono tra quelli che non hanno ancora ceduto alle terapie, alle pillole e alle “goccine” che qua provano a darti anche quando domandi uno sciroppo per la tosse o hai mal di testa. Urla, sangue nelle sezioni e sulle porte e detenuti in crisi di astinenza da psicofarmaci sono la cornice che avvolge questa casa assurda dove dovremmo essere rieducati prima di tornare in mezzo a voi. “Ma quello non era un tipo tranquillo appena entrato?” “Sì, guarda ora…”. Quanti ragazzi ho visto ridotti a larve, tutti tagliuzzati se non gravemente autolesionati. Questa è stata una settimana tranquilla: il morto se n’è andato in silenzio e da qualche giorno niente incendi e devastazioni; il Comandante non ha preso schiaffi e gli appuntati dopo il lavoro fortunatamente sono tornati a casa dalle loro famiglie e non all’ospedale. L’altro giorno, mentre qualcuno sbatteva e urlava pretendendo gli psicofarmaci nel corridoio dell’ambulatorio, la psichiatra con aria sconfitta mi ha detto: “Mi sembra di essere in una piazza di spaccio”.

Secondo voi che succede ad un ragazzo che non ha disturbi psichiatrici quando inizia ad assumere psicofarmaci?

Chi ha paura ad uscire dalla cella. Chi è solo. Chi fumava spinelli o usava droghe. Chi beveva. Chi attende da troppi mesi l’incontro con l’Educatore del Sert per andare avanti col percorsino. Chi ha appena scoperto che l’Educatore gli ha detto bugie. Chi ha smesso di fidarsi dell’Avvocato che non ci può fare nulla. Chi sta perdendo i denti e non può curarseli nemmeno pagando. Chi perde la patente perché qua la commissione non entra. Chi chiede da mesi di parlare col Comandante o con la Direttrice perché è sbagliata la graduatoria lavorativa. Chi non lavora da un anno e ha i figli a casa che hanno fame e la moglie non sa più come andare avanti. Chi ha la madre in punto di morte qua vicino e non gli è concesso nemmeno vederla per l’ultimo saluto. Chi non riesce ad avvertire genitori lontani di essere vivo. Chi ha migliorato la propria condizione grazie alle telefonate quotidiane alla famiglia e che adesso viene punito con una sola telefonata alla settimana. Chi ha trovato una Comunità o una Cooperativa Sociale ma non gli viene favorito un colloquio. Chi arriva tardi in tribunale all’Udienza. Chi ha gli scarafaggi in cella e pulisce l’unico piatto con la spugnetta di melanzana. Chi va al bagno solo quando c’è qualcuno che lo aiuterà a rialzarsi dalla turca. Chi ha trovato il lavoro dopo un anno di ricerche ma lo perde perché il magistrato non risponde. Chi è debole e cede. Cede allo sconforto, alla depressione, alle pilloline, alle gocce, alla violenza, e così rinuncia alla speranza di migliorarsi. Cede a questa strana dimensione che non ha nessun senso.

Il carcere è questo. Giorno dopo giorno dopo giorno. Non siamo riusciti a inventarci nulla di meglio per chi ha sbagliato ma diciamo di voler reintegrare nella società. Ma seguendo quali percorsi? Ce lo racconta un’altra lettera che abbiamo ricevuto. E sembra un racconto di Kafka:

In una relazione del carcere data al Tribunale di Sorveglianza si legge: “Il soggetto… alla prima carcerazione ha avuto qualche difficoltà di adattamento alla vita carceraria, che in parte ancora persiste nel senso che preferisce passare il suo tempo a leggere piuttosto che conversare con i compagni di detenzione, laddove non sia impegnato in qualche attività.” …ma ditemi quale persona non avrebbe qualche difficoltà di adattamento a vivere dentro un carcere! A stare 18 ore chiuso in cella e le altre a passeggiare come zombi in un corridoio. Per chiedere qualsiasi cosa occorre fare la ‘domandina’ scritta… sì, la chiamano proprio ‘domandina’…come fossimo dei bambini piccoli!

E poi oltre la tua cella… solo un corridoio con le altre celle …una dopo l’altra, nessuno spazio comune, solo una palestra con attrezzi rotti, inutilizzabili, pericolosi! Una biblioteca abbandonata a se stessa. Non uno spazio verde… ma eventualmente uno squallido cortile di cemento per pochi momenti d’aria. E poi sempre chiusi in cella per i pasti, per la colazione, per i medicinali, per il tè… per ogni cosa dobbiamo rientrare in cella e essere chiusi dentro. E continuare a fare domandine, una… due… cinque… chiedendo di incontrare l’educatrice o la psicologa o il medico o il dentista… ma tutto rimane sordo. E lentamente capisci che ciò di cui tu necessiti, che per te è importante, essenziale, urgente e che chiedi …non ha alcun valore! Nessuno risponde alle tue ‘domandine’. Ma ciò che mi ha scandalizzato, indignato, sconcertato è: “difficoltà di adattamento alla vita carceraria, che in parte ancora persiste nel senso che preferisce passare il suo tempo a leggere piuttosto che conversare con i compagni di detenzione” e questa sarebbe la valutazione di educatori e psicologi del carcere? Ma come, secondo loro se uno preferisce leggere, studiare, prepararsi per un esame, scrivere… invece di passare il tempo a conversare con gli altri detenuti è praticamente un disadattato?

Dopo qualche mese di prigione l’avvocata ha fatto domanda per la carcerazione domiciliare. Domanda rigettata dal Magistrato di Sorveglianza. Rifiutata in quanto la relazione del carcere diceva “in carenza del minimo passo avanti compiuto dal soggetto da un punto di vista personalogico…” Ma come? Io che sono un ragazzo arabo ignorante, che in vita mia le uniche cose che avevo letto erano le ordinazioni che dal ristorante arrivavano in cucina… io che da solo e solo con la mia forza di volontà, in carcere ho superato l’esame di terza media con 7/10, che in carcere mi sono letto libri importanti per conoscermi e per capire concetti profondi quali la morale, l’etica, la religione e lo strato socio culturali che ci circondano… libri di: Richard Bach, Antoine de Saint-Exupéry, Hermann Hesse, Kahlil Gibran, Franz Kafka, Fabio Geda, Luis Sepulveda, Jack Kerouac, José Saramago, Fred Uhlman, Fëdor Dostoevskij, ecc. e io sarei uno che non ha compiuto passi in avanti da un punto di vista personalogico? Ma perché non si chiedono loro, educatori e psicologi del carcere, che cosa hanno fatto loro per aiutarmi e per portarmi a un miglioramento? Quale trattamento personalogico hanno messo in campo?

Qualche giorno fa abbiamo presentato il Rapporto annuale di Antigone sulle condizioni di detenzione in Italia. È pieno di numeri che ci raccontano la realtà delle carceri italiane. Ecco: dietro ciascuno di quei numeri ci sono storie come queste.

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