Le coreografie, il rimbombare dei cori, le luci, le immagini dall’alto. Lo stadio Giuseppe Meazza in San Siro ha una caratteristica che solitamente appartiene alla categoria dell’umano: riesce a essere il protagonista di un evento. Insieme o forse anche più delle squadre che scendono in campo. L’ultimo derby tra Milan e Inter lo ha dimostrato ancora una volta: il contorno della partita diventato esso stesso un evento. Gli spalti colorati di rossonero, la coreografia della Curva Nord, l’elicottero che sorvola i pilastri cilindrici e le travature rosse, lo scorcio sul campo offerto dal “buco” che si apre sopra il secondo anello arancio: San Siro ha concesso il suo palcoscenico alla Champions League, dopo tanti anni di assenza. Tutta Europa si è rifatta gli occhi ed è rimasta estasiata. Uno stadio diventato icona del calcio italiano, che vive in questi giorni uno strano destino: mentre si mostra al mondo in tutto il suo fascino, ancora intatto, a Milano si discute quando demolirlo. Cancellare un’icona per fare spazio a uno stadio più moderno, più funzionale, più remunerativo. Un impianto necessario per far sì che Milan e Inter possano davvero competere ogni anno per la Champions League. Con un paradosso: la condizione per ottenerlo è rinunciare a uno degli stadi più iconici del mondo. Le necessità dei due club non sono in discussione. Resta un dubbio: ammesso che esista un’altra strada, non è mai stata battuta fino in fondo.

E così, proprio nel mezzo dello spettacolo offerto da San Siro con i due derby di Champions, Milan e Inter con il Comune di Milano stanno portando avanti il progetto che si concluderà con la demolizione del Meazza. Venerdì scorso, 12 maggio, a Palazzo Marino i due club hanno incontrato la soprintendente Emanuela Carpani. Il Comune e le due società le hanno chiesto di verificare la sussistenza, in positivo o negativo, dei requisiti di interesse culturale sull’impianto esistente, senza attendere il 2025, anno in cui la struttura del secondo anello raggiungerà i 70 anni di vita, facendo quindi scattare l’obbligo di verifica. In altre parole, hanno chiesto se il Meazza nel breve periodo resterà libero da vincoli e quindi potrà essere distrutto. L’urgenza della richiesta deriva dalla necessità delle squadre di poter procedere nell’iter per la realizzazione del nuovo impianto. Mentre il Comune e il sindaco Beppe Sala temono di ritrovarsi due stadi – quello nuovo e il “vecchio” San Siro – adiacenti e funzionanti: una situazione ingestibile. Ancora peggio per Palazzo Marino sarebbe l’altro scenario: il Meazza ancora in piedi ma vuoto, con Milan e Inter a giocare in nuovi impianti costruiti da un’altra parte.

I due club d’altronde su un punto – forse l’unico – non hanno mai cambiato idea: il Meazza non lo vogliono più. È lo stadio più grande d’Italia (75.817 posti a sedere), è classificato nella Categoria 4 Uefa (ha ospitato la finale di Champions 2014), ha permesso a Milan e Inter proprio con questa semifinale di Champions di abbattere il record d’incassi per una partita di calcio, sfondando quota 10 milioni di euro. Eppure non basta più: “Servono nuovi stadi per offrire anche una migliore qualità agli spettatori”, ha ripetuto il presidente del Milan, Paolo Scaroni, giovedì scorso durante Il Foglio a San Siro, evento organizzato dal quotidiano milanese proprio al Meazza. Gli ha fatto eco Alessandro Antonello, ceo Corporate dell’Inter: “San Siro mostra lacune in queste occasioni. Mancano servizi idonei che ci permetterebbero di ottenere risultati migliori“.

Milan e Inter da tempo snocciolano le loro ragioni: “Negli studi per il nuovo impianto, abbiamo provato quanto migliorerebbe la capacità di generazione dei ricavi. I fatturati da stadio dei top club europei si attestano sui 120/130 milioni, quelli di Inter e Milan sui 70, il nuovo impianto coprirebbe il gap”, ha spiegato ancora Antonello. Con Scaroni che ha ribadito gli stessi concetti: “Anche l’Inter lo sa bene: occorre una nuova struttura in grado di accogliere spettatori corporate e offrire maggiore qualità a quelli ordinari”. Il presidente del Milan ha spiegato anche a cosa pensano concretamente i due club: “Abbiamo incassato 10,4 milioni di euro (il risultato al botteghino del derby d’andata, ndr), sono la benzina del nostro club. Ma un nuovo stadio ci avrebbe permesso di vendere biglietti corporate a società per i loro clienti e collaboratori anche a 5mila euro l’uno. Noi questo non lo possiamo fare”.

Vendere un posto a 5mila euro. Questo è uno dei vantaggi di un impianto moderno, oltre ad avere ristoranti, negozi, hotel direttamente all’interno dello stadio e offrire servizi migliori, a partire da quelli igienici. Sono gli aspetti che rendono scenografici e allo stesso tempo efficienti gli stadi inglesi. Delle macchine da incassi. Resta però il timore per il caro biglietti: Inter e Milan promettono che non alzeranno i prezzi, ma intanto progettano un nuovo impianto più piccolo del Meazza e con una fetta dedicata appunto alla vendita corporate. Sono i biglietti “a 5mila euro l’uno” di cui parla Scaroni. Il Meazza questa stagione Milan e Inter lo hanno riempito praticamente sempre: in Serie A hanno entrambe una media superiore ai 71mila spettatori. Per dare un’idea, nella tanto elogiata Premier League c’è solo una squadra, il Manchester United, che ha una media leggermente più alta (73mila). Tutte le altre squadre inglesi viaggiano su cifre molto più basse. La domanda quindi resta: perché dilapidare questo capitale puntando su uno stadio più piccolo? Senza dimenticare gli aspetti che vanno oltre il calcio: il Meazza ha fatto la storia della musica, ospitando concerti celebri di artisti come Bob Marley, Bruce Springsteen, David Bowie, Michael Jackson, Muse, U2, Pearl Jam, Depeche Mode. Ma anche di cantanti italiani, da Edoardo Bennato a Vasco Rossi.

Nel derby di ritorno il “vecchio” San Siro darà ancora una volta sfoggio del suo fascino: stadio tutto esaurito, cori che rimbalzano da una curva all’altra facendo vibrare i seggiolini, coreografie che corrono lungo l’intera tribuna. Inter e Milan giocheranno per la 200esima volta una contro l’altra al Meazza. Non sarà l’ultimo derby nella Scala del calcio, potrebbe essere uno degli ultimi. Lo dice il presidente del Milan, Paolo Scaroni: “La nostra deadline? Entro l’estate prenderemo la decisione finale“.

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