Sono oltre 400mila le famiglie sotto la soglia di povertà che dal 2024 verranno private dello strumento per contrastarla, quello che ancora oggi si chiama Reddito di cittadinanza e che dal primo gennaio prossimo verrà sostituito dall’Assegno di inclusione. Stessi requisiti economici: Isee inferiore ai 9.360 euro e reddito familiare entro i 6.000. Ma a percepirlo saranno solo i nuclei dove sono presenti componenti “fragili”: minori, persone con disabilità o over 60. Visto che la condizione economica segue gli stessi parametri del Rdc, nella relazione tecnica al decreto lavoro, approvato dal Consiglio dei ministri dello scorso Primo maggio, il governo ha usato come termine di paragone i nuclei beneficiari di Reddito nel dicembre 2022: 1.168.722 per un numero di beneficiari complessivo che supera i 2,5 milioni. A questi nuclei dal 2024 andranno aggiunte circa 75 mila famiglie straniere visto che il requisito di residenza è passato dai 10 anni del Rdc ai 5 dell’Assegno di inclusione. Ma dal totale vengono sottratti tutti i nuclei che al loro interno non hanno soggetti “fragili”. Alla fine, secondo la relazione del governo saranno 433 mila le famiglie povere escluse dalla misura perché composte unicamente dai cosiddetti “occupabili”. Quella che si accorcia ulteriormente è purtroppo una coperta già corta. Un anno fa l’Ocse rilanciava il problema: “Il 56% dei poveri assoluti in base alla definizione Istat non riceve il Reddito di cittadinanza”. E L’Inapp, l’Istituto nazionale analisi politiche pubbliche, rendeva noto un report sulla platea del 2021, quando i beneficiari del RdC erano 1,8 milioni, ma si stimavano altri 3 milioni di potenziali percettori: 1,4 milioni di persone che avevano presentato una domanda poi respinta e 1,6 milioni che non l’avevano ancora fatta ma intendevano presentarla. Insomma, il RdC non raggiungeva tutte le persone che ne avrebbero avuto bisogno e l’Assegno di inclusione promette di fare peggio.

La scommessa al ribasso del governo si chiama “occupabili”, persone che non appartengono alle famiglie con componenti “fragili” e quindi escluse dall’Assegno di inclusione a prescindere dalla loro condizione economica. Se hanno un Isee inferiore a 6.000 euro, dal prossimo settembre potranno richiedere il nuovo Supporto per la formazione e il lavoro, un’indennità erogata a coloro che sono inseriti in percorsi di politiche attive o in quelli dei lavori socialmente utili organizzati dai comuni. Si tratta di 350 euro, bonificati mensilmente dall’Inps per un massimo di 12 mesi, non ripetibili. Insomma, se nel frattempo sarai riuscito a trovarti un lavoro, buon per te. Altrimenti, se sei ancora disoccupato, la povertà diventa unicamente affar tuo. Per l’anno prossimo il governo stima di spendere per questa misura 1,351 miliardi di euro. Divisi per l’ammontare massimo erogabile ad ogni beneficiario significa 322 mila persone coperte per 12 mesi. La relazione stima in 615 mila i beneficiari potenziali, per 436 mila nuclei familiari. Quindi già si prevede di raggiungere al massimo il 73% degli occupabili poveri, con 166 mila persone che non riceveranno questa identità di formazione né alcun sostegno al reddito.

Da vedere poi se i servizi per le politiche attive, che al momento riguardano il programma nazionale Garanzia occupabilità dei Lavoratori (Gol) finanziato coi fondi del Pnrr, saranno in grado di coinvolgere persone che alle quali si offrono appena 350 euro al mese mentre con il Reddito ma anche col prossimo Assegno di inclusione potevano arrivare a 500 euro più i 280 euro di sostegno per l’affitto. Da sottolineare, come già scritto da ilfattoquotidiano.it, che i corsi di Gol non sono ancora partiti in molte regioni e in particolare al Sud, dove la platea del Reddito di cittadinanza è più estesa ed è più alta la disoccupazione. Tutto andrà protocollato un’altra volta per evitare cortocircuiti con Gol, che differenzia la dote in politiche attive destinata ad ogni beneficiario in base al percorso di qualificazione o riqualificazione in cui viene inserito al momento della profilazione. I profili 3 e 4, ad esempio, quelli per chi è più lontano dal mondo del lavoro, prevedono una dote fino a 12 mesi, mentre il profilo 2 prevede un percorso di 6 mesi al massimo, entro i quali fare i corsi di formazione e le attività utili alla ricerca di lavoro. La dote è rinnovabile, certo, ma anche in questo caso toccherà vedere quali saranno i passaggi burocratici necessari a riattivare il Supporto per la formazione e il lavoro da 350 euro, erogati a patto che il beneficiario dimostri di essere attivo sul fronte della formazione o della ricerca di lavoro. In ogni caso, e questo il governo lo prevede, si tratta di una platea destinata a restringersi nel giro di pochi anni. Nel 2027 la spesa prevede una copertura per 133 mila persone di 12 mesi. Passati i quali, se il lavoro non c’è, resta solo la povertà.

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