Si chiude con un’archiviazione l’inchiesta sul caso Metropol, ossia la presunta trattativa, avvenuta all’hotel di Mosca con un incontro del 18 ottobre 2018, tra il presidente dell’associazione Lombardia Russia Gianluca Savoini, l’avvocato Gianluca Meranda, l’ex bancario Francesco Vannucci e tre presunti intermediari russi su una compravendita di petrolio che, stando ad un audio, avrebbe dovuto avere lo scopo di alimentare con 65 milioni di dollari le casse della Lega. Lo ha deciso il gip di Milano Stefania Donadeo che ha accolto la richiesta dei pm, archiviando le posizioni dei tre italiani indagati per corruzione internazionale. La richiesta era stata firmata dai pm Giovanni Polizzi e Cecilia Vassena e vistata dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale.

La procura, dopo tre anni di indagini, aveva chiesto l’archiviazione sull’ipotizzato passaggio soldi russi alla Lega con trattative al Metropol di Mosca, operazione che fu fatta saltare all’ultimo da chi la stava organizzando, con protagonisti il leghista Gianluca Savoini, ex braccio destro di Salvini, l’avvocato d’affari Gianluca Meranda e l’ex bancario Mps Francesco Vannucci. Il giudice per le indagini preliminari ha archiviato ma agli atti restano descritti i tentativi, poi abortiti, di finanziamento illecito e corruzione internazionale volti a garantire un sostegno finanziario da oltre 50 milioni di euro alla “Lega per Salvini premier” per le elezioni del 2019. Tentativi naufragati, secondo gli inquirenti milanesi, in Russia per gli “sgambetti interni” a contrapposte cordate in seno al regime prima e “bruciati” dal fatto che proprio uno degli artefici italiani, l’avvocato d’affari Gianluca Meranda, consegnò ai giornalisti l’audio della famosa riunione il 18 ottobre 2018 al Metropol. Tutto questo ha impedito il perfezionamento dei reati, sottraendo concretezza e dunque configurabilità giuridica agli stessi. Circostanza che, unita ai niet di Mosca sulle rogatorie dei pm milanesi, ha fatto propendere per l’archiviazione delle due accuse incrociate, cioè il finanziamento illecito al partito e la corruzione internazionale.

In entrambi i casi sarebbe stato perseguibile anche il tentativo, ma per i pm “gli atti emersi dall’indagine, pur risultando inequivocabilmente direzionati verso tale obiettivo”, non hanno però raggiunto quello “stadio di concretezza e effettività idoneo a raggiungere, almeno potenzialmente, lo scopo”, perché anche qui “l’azione si è arrestata in una fase eccessivamente anticipata rispetto alla progressione causale necessaria a integrare gli elementi del tentativo”: in particolare “non è emerso attraverso quali meccanismi la provvista proveniente dalla transazione petrolifera avrebbe finito per finanziare (come ripetutamente esplicitato dagli indagati) la campagna elettorale della Lega”. Quanto alla corruzione, non si è riusciti a dimostrare il coinvolgimento di pubblici ufficiali, giacché nessuno dei russi con i quali trattarono i tre italiani lo era, mentre il diniego delle rogatorie posto dalla Russia per due volte (2021-2022) ha impedito di dare un nome certo a chi stava sopra di loro, evocato nelle conversazioni come “Konstantin” o semplicemente come «K», che i pm e la Guardia di finanza milanesi hanno supposto fosse l’oligarca ortodosso Konstantin Malofeev.

L’inchiesta era nata dopo che un audio dell’incontro al Metropol, registrato da Meranda e consegnato da lui ad alcuni giornalisti, era stato pubblicato da un sito americano. Ci fu, secondo i pm, una “prova generale”, ma poi l’affare sul petrolio da un miliardo e mezzo di dollari, con fondi neri per almeno “63 milioni”, non andò in porto.

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