Difficile parlare della morte tragica della psichiatra Barbara Capovani caduta sotto i colpi del suo ex paziente a Pisa. In questi casi la pietà sopravanza una lettura che, pure, va fatta, se non altro per dipanare alcuni luoghi comuni che già vanno emergendo dal dibattito.

Ho riflettuto a fondo sulle commosse e chirurgiche parole dell’ex direttore del Dipartimento di salute mentale il quale, a mezzo stampa, ha tratteggiato il ritratto di un soggetto con frequenti agiti aggressivi, una spiccata tendenza a violare la legge accompagnata da un atteggiamento sadico e persecutorio messo in atto nei confronti di diverse figure professionali, l’ultima delle quali morta sotto la ferocia dei sui colpi. “Queste persone, diagnosticate con errore colossale e imperdonabile come ‘malati di mente’, sono in realtà balordi delinquenti, pericolosi per i sanitari e per tutti i cittadini. La violenza e la cattiveria esistono e non sono tout court attribuibili alla follia”. Il dottor Roberto Sarlo, parlando di “soggetti abnormi”, descrive con capacità clinica e spessore umano, quello che la psicoanalisi definisce un individuo perverso, privo di senso di colpa, con tendenza a tenere l’altro sotto lo scacco dell’angoscia, irredimibile proprio perché privo di senso morale, capace di mettere in scacco la legge.

Ne ho fatto un breve ritratto qua, e la descrizione di Paul Seung fatta da Sarlo vi combacia perfettamente.

Queste parole, proprio perché vengo da un clinico che ha operato sul campo, meritano il massimo rispetto e possono offrire – per quanto sia difficile tradurre in termini largamene fruibili la complessa mappa della mente umana – alcuni spunti di riflessione per cercare di fare un minimo di luce sul tema della responsabilità oggettiva di chi si macchia di tali crimini. Proprio in funzione di ciò, provo a dire qualcosa anche su una altra struttura di personalità, la psicosi paranoica, la quale, se non curata e contenuta, può in alcuni casi sfociare in agiti aggressivi simili a quello occorso a Pisa.

Dall’identità digitale di Seung traspare lo stile paranoico del quale ho già trattato in queste righe: un fare sospettoso, diffidente, una marcata tendenza a pensare che qualcuno trami alle nostre spalle. La caratteristica di persone e gruppi di tal fatta è l’aggressività, la chiusura, l’autoreclusione dentro a luoghi dal quale lanciare invettive, colpire, ed infine attaccare il bersaglio eletto a causa dei pericoli percepiti come da lui provenienti. Il mondo complottardo e rivendicativo nel quale il suddetto viveva, seguendo una delle tante chimere sorte in gran parte dopo il periodo Covid, racchiude l’essenza di quei mondi che fanno dell’accerchiamento la loro cifra di vita

Facilitata da ambienti di questo tipo, la psicosi paranoica, nel suo stato acuto che segna una frattura con la realtà, genera deliri portando queste convinzioni a divenire verità non confutabili che alimentano il desiderio di fare del male. Lui aveva infatti accusato la psichiatra di vendere cellule staminali insieme a Putin, di essere una spia e, in un post del 17 luglio 2022, di “Rituali satanici”. Ecco allora la personificazione del nemico, sempre più causa di sventure e portatore di ogni nequizia.

Il soggetto si autorizza così a dare forma al passaggio all’atto omicida nel momento in cui si crea la tragica alchimia perfetta che vede fondere torsioni persecutorie personali fuse in un ambiente aggressivo e in perenne stato di allerta. E’ in questo modo che alcuni oltrepassano quel confine che divide la parola violenta dal passaggio all’atto, ponendosi come ‘martiri’ o sodali di una causa al servizio della quale desiderano immolarsi ( in questo caso l’antipsichiatria) andando colpire il ‘nemico’ ormai ricettacolo di ogni male.

Qualunque sia l’esito della inevitabile perizia alla quale verrà sottoposto Seung, credo sia importante ribadire come il legislatore si debba impegnare a non sottovalutare i segnali di allarme (e qua ce ne erano a bizzeffe) e si premuri di proteggere i colleghi che lavorano nel campo della salute mentale pubblica. La civiltà di uno Stato si riconosce anche dalle misure cautelative che riesce a porre in atto a difesa di questi operatori i quali sovente devono maneggiare un materiale umano incandescente, a mani nude, cadendo vittima di azioni di violenza che ne minano la serenità personale, lavorativa o, come in questo caso, gli strappano la vita.

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