La Corte dei Conti bacchetta Matteo Salvini e il suo ministero per il grave ritardo nell’utilizzo dei fondi del Piano nazionale ripresa e resilienza destinati alle infrastrutture idriche. Mentre il paese, e il Nord in particolare, attraversa una di più gravi periodi di siccità delle sua storia la Corte rileva “Il notevole ritardo, rispetto al cronoprogramma degli interventi, con cui il Ministero delle Infrastrutture ha avviato il monitoraggio diretto sui soggetti attuatori in modo sistematico (Dicembre 2022), ha indotto la magistratura contabile a raccomandare al Ministero stesso un’assunzione più incisiva dei poteri di coordinamento, monitoraggio, rendicontazione e controllo per assicurare l’effettiva governance sull’investimento”.

Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini fa parte della cabina di regia istituita dal governo per l’emergenza siccità. Presieduta dalla presidente del Consiglio o, su delega, dallo stesso ministro delle Infrastrutture ne fano parte anche i ministri dell’Ambiente, del Pnrr, dell’Agricoltura, della Protezione civile, degli Affari regionali e dell’Economia, oltre al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli investimenti pubblici.

A disposizione ci sono 2 miliardi di euro da utilizzate in 124 interventi per le infrastrutture idriche primarie in tutta Italia. La rete idrica italiana è lunga complessivamente 425mila kilometri e ha un tasso medio di dispersione particolarmente elevato. Circa il 36% dell’acqua immessa negli acquedotti non arriva a destinazione, principalmente a causa dell’età degli impianti. In questo quadro, su cui influiscono anche caratteristiche dei diversi territori, si registrano però fortissimi differenze. Se a Latina o Chieti la dispersione supera il 70% a Milano scende ad esempio al 13,5%.

La Corte dei Conti ha puntualizzato che l’analisi sullo stato di implementazione delle infrastrutture di derivazione, stoccaggio e fornitura idrica in tutto il territorio nazionale è una forma di controllo particolare che ha interessato non solo l’investimento nel suo complesso, ma anche un campione dei vari progetti presentati, in virtù della crisi idrica che, da alcuni anni, sta colpendo il Paese. Le criticità riscontrate dalla Corte, già nella fase della pianificazione, riguardano il rapporto tra l’individuazione dei sistemi idrici complessi e le singole opere da realizzare. La continuità, a livello nazionale, dell’approvvigionamento idrico e l’effettiva attenuazione delle dispersioni – osservano, infatti, i giudici contabili – non sono garantiti dai singoli interventi manutentivi o di ripristino, necessariamente limitati a specifiche aree, ma da un sistema complessivo di opere individuato preventivamente, che consenta la corretta misurabilità dell’obiettivo e delle singole fasi attuative. In ogni caso, per taluni progetti (le dighe Rosamarina e Olivo), i soggetti attuatori hanno ammesso l’esistenza di problemi di copertura tali da imporre il ricorso a significativi finanziamenti aggiuntivi (pari anche al doppio dell’iniziale previsione di spesa) legati sia all’aumento dei prezzi di energia e materie prime, sia alle revisioni progettuali resesi necessarie.

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