Il sistema di rendicontazione dei progetti finanziati con il Pnrr, Regis, funziona male e restituisce un quadro non aggiornato dello stato di avanzamento del piano: mancano all’appello 18mila medie e piccole opere partite nel 2021 con fondi nazionali e poi assorbite nel Recovery, oltre a molti altri interventi di edilizia scolastica e per le aree interne. Ma la conseguenza più rilevante delle disfunzioni è che, mancando la mappatura, si blocca anche il flusso di risorse che dovrebbe arrivare agli enti attuatori per pagare le imprese vincitrici degli appalti. Con il risultato che gli enti già in difficoltà rischiano il default e i ritardi di pagamento dei debiti commerciali aumentano invece che ridursi come previsto dal Piano stesso. A lanciare di nuovo l’allarme è l’Associazione nazionale dei comuni italiani, che in audizione sul Def ha ribadito i problemi già descritti in una lettera inviata il 7 aprile ai ministri dell’Economia Giancarlo Giorgetti e del Pnrr Raffaele Fitto aggiungendo nuove informazioni basate su dati Anac in corso di elaborazione. Stando ai quali i fondi effettivamente utilizzati sono più di quel che risultava dalla relazione di fine marzo della Corte dei conti.

Come è noto, a Comuni e Città metropolitane è affidata la gestione di circa 40 miliardi di risorse del piano. Il sindaco di Novara Alessandro Canelli (Lega), delegato alla Finanza locale di Anci, ha spiegato che – come già raccontato da ilfattoquotidiano.it – i sindaci già alle prese con risorse ampiamente insufficienti per far fronte alla gestione ordinaria non sono più in grado in molti casi di anticipare i pagamenti. E il mancato aggiornamento del sistema gestito dalla Ragioneria generale crea da questo punto di vista “ostacoli gravissimi“. Di chi è colpa? Secondo l’associazione molti ministeri titolari di progetti, come spiegato nella missiva indirizzata al governo, non hanno ancora preparato i Manuali operativi per l’inserimento dei dati nel Sistema e non hanno completato il caricamento dei codici di progetto, necessari ai Comuni attuatori per accedere e inserire i dati. Se non bastasse, a volte capita pure le credenziali non funzionino, cosa che complica la vita ai già pochi funzionari disponibili.

Di qui la mancanza nel Regis – che sulla carta dovrebbe garantire la “raccolta efficiente, efficace e tempestiva dei dati per il monitoraggio dell’attuazione delle attività e dei risultati” richiesta dal regolamento Ue sul Recovery – di molti progetti di pertinenza degli enti locali. Che anche per questo, oltre che per ritardi indipendenti dal sistema di monitoraggio, non ricevono per tempo le anticipazioni a valere sul fondo di rotazione per l’attuazione del Next generation Eu. Anticipazioni che sono comunque insufficienti: solo il 10% tranne che in casi eccezionali da motivare con un meccanismo “inefficace e farraginoso”. Il che comporta la necessità di metterci risorse proprie che i sindaci spesso non hanno. Soprattutto ora che il forte aumento dei costi causa inflazione mette a rischio i bilanci e “il governo ha deciso di non finanziare il residuo di 36 milioni di euro necessario a mantenere l’invarianza delle assegnazioni del Fondo di solidarietà comunale, il cui riparto è stato approvato senza l’assenso dell’Anci”. Nel decreto Pnrr ora all’esame del Parlamento è prevista una semplificazione delle procedure di gestione finanziaria che si limita però ad affidare direttamente ai soggetti attuatori (non più ai ministeri titolari) la richiesta delle anticipazioni.

Per quanto riguarda la trasparenza delle informazioni sul piano, secondo i sindaci l’assenza dei progetti non inseriti nel Regis nei dati “comunemente analizzati” comporta “una grave sottovalutazione dello stato di avanzamento”, perché “le opere già in essere e successivamente inglobate nel Pnrr sono in molti casi concluse o in avanzato stato di realizzazione e hanno già dato luogo a importanti quote di pagamento: nel complesso si può stimare in circa 5 miliardi l’ammontare complessivo dei contributi per questo tipo di interventi, che hanno dato luogo a pagamenti per circa 2,5 miliardi”. Dunque, dicono i sindaci, i pagamenti fatti dagli enti territoriali a fine 2022 non ammonterebbero a soli 3,5 miliardi come calcolato dalla Corte dei conti ma sarebbero “suscettibili di aumento fino ad almeno 6 miliardi”. Sulla base di dati Anac in corso di elaborazione, il valore complessivo delle oltre 35mila gare bandite dai Comuni ammonterebbe a oltre il 50% del valore delle assegnazioni, cioè oltre 17 miliardi sui circa 33 miliardi di assegnazioni censite.

La magistratura contabile nella sua relazione aveva sottolineato come i Comuni abbiano “colto la portata straordinaria delle opportunità offerte dal Pnrr”, partecipando ampiamente ai bandi e aumentando molto le spese di consulenza per la progettazione degli interventi. Ma aveva anche aggiunto che star dietro ai progetti “accresce notevolmente il carico amministrativo, soprattutto in quei contesti territoriali che appaiono meno dotati di competenze tecniche e gestionali idonee ad assicurare un rapido ed efficace impiego delle risorse straordinarie assegnate”. E questo rischia di produrre “un effetto prevalentemente sostitutivo dei progetti PNRR rispetto alle politiche di investimento ordinarie, con la conseguenza di favorire la cristallizzazione di quei divari di sviluppo che il PNRR punta, se non ad eliminare, almeno a ridurre”.

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