Per il governo Meloni sarà un autunno caldo indipendentemente da eventuali mosse dei sindacati. Le condizioni le ha apparecchiate l’esecutivo stesso, prevedendo nel Def un altro mini taglio del cuneo fiscale che si somma a quello già in vigore e andrà rifinanziato per il 2024, andando a sommarsi a spese obbligate come un aumento degli stipendi della pa – il cui valore d’acquisto è stato affossato dall’inflazione – e delle risorse per la sanità e la previdenza. È l’avvertimento con cui il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino ha concluso la sua audizione sul Def. Al netto di un riferimento alla spending review, rileva la magistratura contabile nel documento firmato dalle sezioni riunite in sede di controllo, “non si forniscono elementi su come il governo intenda procedere per rimanere all’interno del quadro delle compatibilità di bilancio. Il compito viene, in certa misura, rinviato alla Nadef e alla legge di bilancio che si annunciano pertanto particolarmente impegnative“. E “sempre più centrale appare la piena attuazione delle riforme e degli investimenti del Pnrr” perché “solo da esso, pur se rivisto ed opportunamente ritarato, può venire quell’impulso in grado di rendere compatibile l’attuazione degli interventi con il mantenimento del Paese su un percorso di stabilità e crescita”.

La cornice macroeconomica e quella di finanza pubblica sono “prudenti” e le stime che confermano la graduale riduzione del debito pubblico “rassicuranti“, secondo la Corte, come la dinamica della spesa primaria. Ma in autunno bisognerà fare i conti con una serie di spese inevitabili prima ancora di immaginare grandi novità sul fronte fiscale o pensionistico. Per il pubblico impiego “a fine anno si esaurisce l’una tantum da un miliardo (più 800 milioni negli enti locali e in sanità) che, per il solo 2023, ha offerto un aumento lineare dell’1,5 per cento agli stipendi nella PA. A fronte delle elevate stime previste per il recupero dell’inflazione e del persistere della dinamica dei prezzi core oltre le attese, appare difficile non prevederne l’estensione, anche in chiave più intensa”. Anche perché c’è il rischio, avverte la Corte, di “una sottovalutazione delle possibili tensioni rivendicative connesse alla forte divaricazione tra gli incrementi dei redditi assicurabili con le disponibilità finanziare dedicate al triennio 2022-24 ed il perdurare degli effetti della crisi in termini di perdita del potere d’acquisto”.

Altre risorse saranno necessarie per la conferma delle misure di riduzione del cuneo “introdotte dal governo Draghi e riproposte nella legge di bilancio per il 2023, di cui il Def prefigura un ampliamento entro i margini individuati grazie al miglioramento del quadro tendenziale; ciò richiederà l’individuazione di adeguate coperture già nel prossimo anno”. Se poi l’emergenza energetica non dovesse essere superata, “si riproporrebbero, pur con le caratteristiche sempre più selettive delineate nel Documento, fabbisogni per le fasce sociali ed economiche più deboli, per ora finanziati per il solo 2023″.

Di peso si preannunciano “anche gli interventi di manutenzione straordinaria di importanti segmenti del sistema di welfare, ciò anche senza avviare riforme o estendere le prestazioni rese. È il caso della sanità, dove criticità ormai evidenti richiederanno interventi strutturali di portata ben superiore a quelli introdotti con il d.l. 34. In questo ambito, il riassorbimento dei ritardi dovuti alla pandemia si presenta più oneroso e l’aggiornamento dei LEA non è più rinviabile. Ma anche della previdenza su cui pende, al di là di più ampi progetti di riforma, la conferma del regime attuale che comporterebbe comunque un intervento consistente“.

Questo per limitarsi, appunto, alle politiche invariate. Ma “un impatto ben maggiore” potrebbero avere “progetti più ampi, quali quelli già in campo (delega fiscale) o presenti nel dibattito politico (superamento della legge Fornero)“. E il Def “non offre nell’immediato una pur generale indicazione sulle scelte che dovrebbero accompagnare il processo delineato”. Tutto rinviato a dopo l’estate, appunto.

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