C’è documento d’identità e documento d’identità e l’identificazione effettuata dalla Questura in una giornata di lavoro, non basta al Banco Posta dove a un richiedente asilo non è concesso accendere un rapporto che vada oltre il conto base da 30 euro all’anno più le spese, a meno che l’interessato non fornisca un “supplemento di documentazione” che, piega la società, significa anche dover presentare un “doppio documento d’identità“.

La cosa, oltre che strampalata per la ripetizione, non è semplice, perché il richiedente asilo nel momento in cui fa domanda di rifugio allo Stato italiano deve depositare il proprio passaporto in Questura. Si tratta di una misura a sua tutela: dal momento che le persone in questa condizione scappano da paesi dove temono per la propria incolumità, si cerca di evitare che possano essere riportati lì loro malgrado. In cambio al richiedente viene rilasciato un documento che lo Stato italiano considera equipollente ai fini della sua identificazione: un permesso di soggiorno emesso dalla Questura contenente tutti i dati della persona verificati dal ministero dell’Interno, che attribuisce un codice fiscale al richiedente e gli prende le impronte digitali.

In pratica si tratta di un documento del ministero dell’Interno che la persona può usare per accedere a tutti i servizi pubblici e privati che ne richiedono l’identificazione. Lo ha ricordato anche l’Abi in una sua circolare del 2019 sottolineando come il decreto Sicurezza stabilisca che il Permesso di soggiorno costituisca per il richiedente asilo “documento di riconoscimento“. Ne consegue, commenta la lobby dei bancari, che “per esplicita previsione normativa il documento in questione è equiparato a un documento di riconoscimento e, come tale, è idoneo a consentire l’identificazione personale del richiedente per quanto attiene l’apertura del rapporto a fini civilistici”.

Tutto bene quindi? No. La Circolare dell’Abi è stata emessa in occasione del recepimento della direttiva comunitaria sull’obbligatorietà di fornire a tutti un conto base senza discriminazioni. Il tema dell’identificazione del richiedente asilo è solo collegato al discorso, non è centrale. In pratica l’Abi ricorda ai suoi associati che devono dare a tutti un conto corrente base e, quindi, spiega che per identificare i richiedenti asilo privi di passaporto possono servirsi del permesso di soggiorno emesso dallo Stato italiano e da lui riconosciuto come documento di identità.

Tuttavia per Poste l’equazione a proposito di richiedenti asilo e servizi bancari si ferma all’apertura del conto base. Sul resto la confusione regna talmente sovrana che al malcapitato che arriva allo sportello per chiedere una carta ricaricabile (la Postepay evolution è la più amata perché obiettivamente comoda, versatile ed economica), può capitare di essere fermato perché non ha altro documento che il permesso di soggiorno e di essere spedito o in Comune a fare una carta d’identità (per la quale, però, prima bisogna avere una residenza cosa che richiede fino a 90 giorni) o direttamente in un’altra banca. Se lo sportellista è più informato, si potrebbe invece sentir dire che Poste ai richiedenti asilo fa solo conti base e non è previsto che si intestino carte ricaricabili.

Ma se si chiede al quartier generale la musica è un’altra ancora. Poste che riconosce la validità del permesso di soggiorno come documento solo in caso di apertura del conto base, strumento che la società è appunto obbligata per legge a fornire a tutti, ma che risulta costoso e di scarsa usabilità per un richiedente asilo al quale basterebbe una carta ricaricabile da 15 euro l’anno per trasferire denaro, fare i pagamenti senza andare allo sportello o collegarsi a un computer e spendere poco. Evitando di tenere i contanti sotto il materasso.

Tuttavia questo tipo di prodotto per la società del ministero dell’Economia è ritenuto a maggior rischio. “Poste Italiane, sulla base del proprio prudente apprezzamento, ha definito delle politiche interne di accettazione che subordinano l’accensione di alcune tipologie di rapporto, considerate potenzialmente a maggior rischio, alla presenza di requisiti e documentazione supplementare”, spiega la società di spedizioni interpellata in merito alla potenziale discriminazione. In particolare, spiegano dal gruppo del ministero dell’Economia, il problema starebbe nella capienza economica di uno strumento “transazionale più importante” come la carta Postepay evolution che è molto ampia e non si sposa bene con “l’instabilità residenziale” dei richiedenti asilo. Il permesso di soggiorno è provvisorio, si argomenta, mentre i documenti degli italiani sono differenti, sono di lunga durata.

E così la Postepay evolution e gli strumenti che vanno oltre il conto base Poste li fornisce chiedendo alla persona di dotarsi di documento emesso dal Comune di residenza in aggiunta a quello emesso dal ministero dell’Interno. E per fortuna non ce n’è anche uno emesso dalla Regione.

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