A fine anni Novanta l’ENIC Group, attuale proprietario del Tottenham Hotspur, deteneva quote dei seguenti club: Slavia Praga (il 96.7%), Aek Atene (47%), Vicenza (99.9%), Rangers Glasgow (25.1%) e Basilea (50%). Quando i primi due club si qualificarono alla Coppa Uefa 1999/2000, il Tribunale Arbitrale dello Sport emanò una disposizione, recepita immediatamente dalla Uefa, che proibiva a due società appartenenti allo stesso proprietario di partecipare alla medesima competizione europea. Una regola disattesa per la prima volta durante la fase a gironi dell’Europa League 2018/19 quando nello stesso gruppo vennero sorteggiate Red Bull Salisburgo e RB Lipsia. A dispetto della dichiarazione iniziale della Uefa sull’integrità della competizione “compromessa dall’influenza decisiva della Red Bull su entrambi i club”, la documentazione prodotta dalle due società sulle rispettive strutture e azioni di governance convinse il massimo organo di governo calcistico europeo a ritornare sui propri passi. In poche parole, la regola venne aggirata con abilità dalla Red Bull.

Quella che nel 2018 sembrava ancora un’eccezione, o un’ipotesi remota, nel prossimo futuro potrebbe diventare la regola, visto il boom di multiproprietà che sta caratterizzando il mondo del calcio in questi ultimi anni. La prossima stagione in Europa League, o in Conference, potrebbero incrociarsi il Brighton & Hove Albion di Roberto De Zerbi, autore di una grande stagione in Premier, e l’Union St. Gillis, squadra passata nel giro di due anni dalla B belga alle coppe europee dopo essere finita seconda in campionato. Entrambi club appartengono a Tony Bloom, milionario che deve la propria fortuna al gambling, e i cui investimenti – oculati, competenti, business oriented – sono alla base della rinascita di queste squadre. Oppure, se andasse in porto il passaggio del Manchester United dalla famiglia Glazer allo sceicco Jassim Bin Hamid Al Thani, figlio dell’ex primo ministro del Qatar, in una prossima Champions League potrebbe andare in scena una sfida tutta in famiglia tra la squadra di un fondo sovrano, il Psg, e quella di un privato con agganci e amicizie nelle alte sfere di quello stesso stato. Se la Red Bull ha brillantemente aggirato le regole Uefa, è facile ipotizzare possano farlo con altrettanta facilità i qatarioti, come del resto già avviene per il Financial Fair Play.

Nel suo European Club Footballing Landscape, la Uefa ha riportato che dal 2012 al 2022 il numero di società appartenenti a gruppi che possiedono quote, di maggioranza o minoranza, in due o più club è salito da 40 a 180, con una decisa predominanza di investitori americani. Si stima che circa 6.500 giocatori nel mondo si trovino sotto contratto con club appartenenti a questa struttura di investimento trasversale. Sembra una sorta di sistema feudale calcistico, dove la piramide imperatore-vassallo-valvassore è sostituita da quella composta da holding/azienda/fondo sovrano-squadra-giocatore. Un sistema al quale l’Uefa non sembra avere idea di come reagire, viste le dichiarazioni ambivalenti del presidente Ceferin, che ha parlato della necessità di ripensare le attuali regole. Ciò può avvenire sia in senso stringente, ma forse andava fatto anni fa e non nella fase di massima impennata delle multiproprietà, oppure optando per una sorta di liberi tutti, anche nelle competizioni europee, stoppando solo i casi più sfacciati e clamorosi.

Una mappa dei multiproprietari non può che iniziare dal City Football Group, multinazionale britannica dall’emiro Mansur bin Zayed Al Nahyan, che attualmente detiene le quote di 12 club sparsi tra Europa, Asia, Oceania, Nordamerica (il New York City rivale del Red Bull New York) e Sudamerica, ai quali vanno aggiunte altre tre società con il quale opera in rapporto di partnership. Tra i club europei, il CFG controlla Manchester City, Girona, Troyes, Lommel e, ultimo arrivato nel gruppo, Palermo. A quota 7 club ci sono due holding americane: la 777 Partners, nel cui portfolio figurano Hertha Berlino, Genoa, Siviglia, Standard Liegi, Red Star Parigi, Vasco Da Gama e Melbourne Victory; e il Pacific Media Group che, in collaborazione con il New City Capital fondato dal sino-americano Chien Lee, possiede Barnsley, Esbjerg, Nancy, Ostenda, Thun, Den Bosch, Kaiserslautern. Le prime tre società citate sono tutte retrocesse la passata stagione, mentre le altre, con l’eccezione dell’Ostenda, militano già in seconda divisione.

Fuori dal podio c’è la citata Red Bull a quota 6, con Lipsia, Salisburgo, New York, Bragantino, Bragantino II e Liefering, quest’ultima militante nella Serie B austriaca e autentica palestra per giocatori e allenatori del Red Bull Salisburgo. Il principe saudita Abdullah bin Musaid Al Saud è invece fermo a 5, con i francesi dello Chateauroux quale ultimo acquisto di un pacchetto comprendente Sheffield United, Beerschot, Al Hilal United e Kerala United, mentre 4 sono le società nelle quali è coinvolta l’americana Bolt Football Holdings: Crystal Palace, Augsburg, ADO Den Haag e Waasland Beveren. Parte delle quote del Crystal Palace appartengono a un’altra holding, questa volta inglese, la Eagle Football Holding, fresca dell’acquisto dell’Olympique Lione, che si è aggiunto a Botafogo e all’immancabile club belga (tutti i grandi multiproprietari, con l’eccezione della Red Bull, ne possiedono uno), in questo caso il RWD Molenbeek.

Chiusura con il gruppo capeggiato dal citato Bloom, ovvero i proprietari di due società: il consorzio americano Black Knight Football Club (Bournemouth, Lorient); la società inglese Ineos (Losanna, Nizza – quest’ultimo acquistato dal Pacific Media Group), altra candidata alla successione dei Glazer nel Manchester United; la holding americana RedBird Capital Partners (Milan, Tolosa); la holding inglese V Sports (Aston Villa, Famalicao); il fondo sovrano Qatar Sports Investment (Paris Saint Germain, Braga); il russo Dmitry Rybolovlev (Monaco, Cercle Brugge); l’israeliano Idan Ofer (Atletico Madrid, Famalicao); la famiglia Pozzo (Watford, Udinese); l’armatore greco Evangelos Marinakis (Nottingham Forest, Olympiakos); il ceco Daniel Kretínsky (West Ham, Sparta Praga). Ma si tratta di un elenco parziale destinato a cambiare, crescendo in quantità, con il passare delle settimane.

Articolo Precedente

Osimhen “ha perso la maschera portafortuna”: la notizia che ha fatto il giro dei social prima dell’infortunio

next
Articolo Successivo

Maestri di sport – Osvaldo Jaconi, mister promozione: “Se vuoi vincere spesso hai bisogno degli uomini, non solo di talenti”

next